L’esercito israeliano sta radendo al suolo la Striscia di Gaza per creare una «zona cuscinetto militarizzata», tanto che, nelle ultime settimane, sarebbe arrivato a controllare la metà del territorio. I vertici dell’esercito la chiamano il «perimetro» e avrebbero dato indicazioni precise per la sua instaurazione: «distruggere tutto quello che si può» così da non «fare tornare i palestinesi mai più». È questo quello che si legge nell’ultimo rapporto di Breaking the Silence, associazione di veterani israeliani che si propone di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle conseguenze dell’occupazione militare israeliana in Palestina. Secondo le testimonianze raccolte dall’ONG, il piano di demolizione delle aree di confine sarebbe stato chiaro sin dall’inizio delle aggressioni, il 7 ottobre 2023, e punterebbe a facilitare una occupazione militare della Striscia schiacciando notevolmente la linea di confine tra Israele e l’enclave costiera. Secondo il rapporto, il “perimetro” dovrebbe estendersi per il 16% della Striscia, ma stando a ulteriori analisi a ora Israele avrebbe di fatto occupato più del 50% del territorio gazawi.
Il rapporto di Breaking the Silence è uscito ieri, lunedì 7 aprile. In esso, la ONG raccoglie circa una dozzina di testimonianze di soldati e ufficiali dell’esercito che hanno preso parte alla creazione del “perimetro” e alla sua trasformazione in una zona di distruzione totale. Il “perimetro” si estende dalla costa a nord al confine egiziano a sud, tutto all’interno del territorio della Striscia di Gaza a una profondità che varia dagli 800 ai 1.500 metri. Il piano per la sua creazione è semplice: radere al suolo tutto quello che ci si trova davanti per lasciare spazio agli avamposti militari. «Quando dico tutto intendo tutto», dice un testimone. «Tutto quello che è costruito». Tutte le strutture, tutte le costruzioni», inclusi stalle e pollai. «Come appare la zona dopo la demolizione?» chiede allora l’intervistatore. «Hiroshima», risponde il soldato. Lo scopo militare del “perimetro” è quello di creare un’area isolata «che fornisca una chiara linea di vista e, con quella, una chiara linea di fuoco» verso qualsiasi cosa l’esercito definisca come una potenziale minaccia. «In altre parole, il controllo militare assoluto sull’area».
Dalle varie testimonianze emerge come non solo la distruzione totale della Striscia, e specialmente delle aree di confine, fosse «deliberata», ma anche che era stata pensata sin dall’inizio degli attacchi, a partire dal 7 ottobre. «La leadership politica di Israele ha evitato di lavorare per un accordo politico che avrebbe posto fine alla guerra e inaugurato una nuova era per il “giorno dopo”», scrive Breaking the Silence. Tale obiettivo, sottolinea il rapporto, troverebbe conferma nelle numerose dichiarazioni rilasciate sin dall’inizio dell’escalation militare a Gaza. «Alla fine di questa guerra, non solo Hamas non sarà più a Gaza, ma anche il territorio di Gaza diminuirà», dichiarava l’allora ministro degli Esteri Eli Cohen. Prima della guerra, la zona cuscinetto tra Israele e la Striscia di Gaza si estendeva per circa 300 metri nel territorio palestinese e l’accesso all’area era limitato. A ora, invece, secondo un’analisi dell’agenzia di stampa Associated Press, Israele avrebbe preso il controllo di oltre il 50% della Striscia, e starebbe spingendo il popolo gazawi in porzioni di terra sempre più piccole. Particolarmente forte, secondo AP, la presenza israeliana attorno a Gaza City, dove, dalla ripresa dei massacri, la fanteria ha raddoppiato l’estensione della «zona di cuscinetto militare».
Con l’espansione delle operazioni militari, continuano anche i massacri. Dall’alba di oggi, le forze israeliane hanno continuato a bombardare Gaza, uccidendo 6 palestinesi in un raid nella città settentrionale di Beit Lahiya. Le vittime di oggi seguono le decine di ieri. A esse si è aggiunto anche Ahmed Mansour, il giornalista rimasto intrappolato e arso vivo nell’attacco israeliano a una tenda per i media vicino all’ospedale Nasser a Khan Younis. In totale, dall’escalation del 7 ottobre, l’esercito israeliano ha ucciso direttamente almeno 50.695 persone, anche se il numero totale dei morti potrebbe superare le centinaia di migliaia, come sostenuto da un articolo della rivista scientifica The Lancet e da una lettera di medici volontari nella Striscia. Dalla ripresa delle aggressioni su larga scala del 18 marzo, invece, Israele ha ucciso almeno 1.338 persone. L’ultimo aggiornamento risale all’altro ieri, domenica 6 aprile.
Rispetto degli accordi di Ginevra, Dignità politica e rispetto delle leggi sulle relazioni politiche e umane, calpestate da Netanyahu, ma anche dagli Stati Uniti e tutti i governi europei, complici per la loro fornitura di armi a Israele per incoraggiare il Genocidio del popolo palestinese.
Chi sono i veri colpevoli?