Il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, ha annunciato ieri che l’Italia raggiungerà già entro quest’anno l’obiettivo fissato dalla NATO del 2% del Pil (prodotto interno lordo) per la difesa, attraverso una serie di modifiche contabili. «Siamo pienamente consapevoli della necessità di aumentare questa spesa nei prossimi anni», ha affermato Giorgetti, rivolgendosi ai legislatori durante un’audizione in Parlamento sul quadro di bilancio pluriennale dell’Italia. L’annuncio è arrivato in concomitanza all’incontro tra la premier Giorgia Meloni e il presidente statunitense Donald Trump a Washington, che ruotava intorno alla questione dei dazi e ai relativi possibili accordi per sospenderli o allentarli. La stessa presidente del Consiglio italiana ha confermato al presidente statunitense l’impegno per raggiungere il 2% del PIL entro quest’anno. Il capo della Casa Bianca sta spingendo i membri della NATO ad aumentare le loro spese per la difesa fino al 5% del Pil, una percentuale che lo stesso ministro della Difesa Guido Crosetto ha definito questa settimana «impensabile».
Per il 2024 il bilancio per il settore militare previsto da Roma era pari all’1,49% del PIL, una delle percentuali più basse tra i Paesi che aderiscono all’Alleanza atlantica. Raggiungere il 2% significa aumentare la spesa di circa 11 miliardi di euro. La Banca centrale italiana ha affermato giovedì in Parlamento che per raggiungere questo obiettivo saranno necessari prestiti aggiuntivi e un aumento delle tasse, oltre a probabili tagli di altre voci della spesa pubblica. Il tutto avviene in un contesto in cui, all’interno degli obiettivi economici, l’esecutivo si è impegnato a tenere sotto controllo il deficit di bilancio, tagliando allo stesso tempo le stime di crescita per quest’anno e il 2026, a causa dell’incertezza sui dazi commerciali statunitensi. Giorgetti ha inoltre spiegato che il governo intende adeguare i propri criteri contabili a quelli della NATO ed elencare, dunque, come spese per la difesa voci che in precedenza erano escluse, come ad esempio, i soldi spesi per determinate tecnologie civili e le pensioni pagate ai soldati in pensione.
Il ministro dell’Economia italiano ha poi spiegato che, al momento, il Paese non intende avvalersi del margine di manovra previsto dalla Commissione europea per le spese legate alla Difesa: Bruxelles, infatti, ha proposto di consentire agli Stati membri di aumentare la spesa per la difesa dell’1,5% del PIL ogni anno per quattro anni, senza far scattare le misure disciplinari previste per il superamento del deficit pubblico oltre il 3% del PIL. La Commissione ha chiesto agli Stati di comunicare entro aprile se intendono avvalersi del margine fiscale, ma Giorgetti ha mostrato cautela affermando di volere attendere il prossimo summit della NATO a giugno per prendere una decisione: «L’obiettivo non è quello di attivare la clausola di salvaguardia nazionale», ha detto il ministro, aggiungendo che «Ci vorrà del tempo per prendere decisioni coordinate, perché le idee sul tavolo a questo proposito sono piuttosto diverse».
Le nazioni europee sembrano sempre più vincolate al volere di Washington, acconsentendo a fare deficit e a sospendere i rigidi vincoli di austerità – caposaldo dell’impianto fiscale europeo – solo per assecondare gli ordini d’oltreoceano e sacrificando al contempo altre voci della spesa pubblica. Tra gli altri, recentemente il Belgio ha fatto sapere che si sta preparando a contrarre maggiori prestiti e ad attuare tagli per raggiungere l’obiettivo di spesa per la difesa della NATO. Il ministro del bilancio belga, Vincent Van Peteghem, ha dichiarato al Financial Times che maggiori investimenti nella difesa avranno un impatto negativo sui già fragili sistemi di stato sociale europei. In questo scenario, l’unica eccezione risulta la Spagna che non si è allineata agli ordini della potenza a stelle e strisce: il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez, infatti, lo scorso febbraio ha dichiarato che nella prossima legge di bilancio, il Paese iberico intende destinare al settore militare l’1,32% del Pil, mantenendo invariata la data di raggiungimento dell’obiettivo del 2% al 2029. «La Spagna, in quanto alleato serio, affidabile e responsabile, sa perfettamente cosa deve fare e non ha bisogno di prendere lezioni da nessuno», aveva dichiarato la ministra della Difesa Margarita Robles. Un’indipendenza politica eccezionale nel contesto europeo che gli altri membri della NATO non hanno mostrato di avere e che ora risulta ulteriormente minata dalle trattative che potrebbero essere avviate per fa sì che Trump revochi o allenti i dazi che minacciano la tenuta delle economie europee.
1- visto che i paesi UE sono quasi tutti nella NATO (o viceversa), i dazi sono un bel ricatto…
2- più ci armiamo più la Russia ci vede ostili, così da partner commerciali ideali diventiamo nemici…
Se la strategia Usa è palesemente tesa ad allontanarci da Russia e Cina, non si capisce quale dovrebbe essere quella di Bruxelles, oltre a prenderci a martellate sulle palle da soli!
Le uniche spese di difesa che dobbiamo aumentare sono quelle per difenderci da questi ladri al Governo.
W Espana. Mi chiedo se il (ex?) leghista Giorgetti sia ancora leghista o come tutti coloro che occupano una poltrona istituzionale dopo un po’ pensano che sia diventata propria e non più proprietà se non del popolo tutto quantomeno del contribuente. Mi pareva che la Lega fosse contro il riarmo… E mi chiedo anche perché dovremmo spendere undici miliardi solo perché lo dicono gli Americani che occupano a titolo gratuito il suolo italiano con le loro basi militari e missili nucleari. Meloni, che tutti dicono furba, avrebbe potuto scontare tranquillamente uno 0,5-0,6% di PIL come compensazione per questo “servizietto”.