sabato 26 Aprile 2025

Si infiamma la tensione tra India e Pakistan: scontri a fuoco tra i militari al confine

Negli ultimi tre giorni, la tensione tra Pakistan e India è aumentata vertiginosamente. Tutto è iniziato dopo un attentato verificatosi nella porzione indiana del Kashmir, nel quale sono state uccise 26 persone, per lo più cittadini indiani. Dopo l’attentato, che i media stanno definendo uno dei peggiori attacchi contro civili nella storia dell’India, Nuova Delhi ha puntato il dito contro il Pakistan, accusandolo di essere dietro il gruppo islamista che ha rivendicato gli attacchi. Ha dunque varato diverse misure contro il vicino e storico rivale, interrompendo le relazioni diplomatiche, sospendendo un cruciale trattato sullo sfruttamento delle acque e ordinando ai cittadini pakistani di lasciare il Paese entro la fine di aprile. Il Pakistan non è stato a guardare e ha risposto con misure analoghe, in un’escalation di tensioni diplomatiche che ha portato, nella notte, ai primi scontri lungo il confine. Le relazioni tra India e Pakistan, entrambe potenze nucleari, sono tese da anni, e proprio il Kashmir è una regione che i due Paesi si contendono sin dalla loro nascita, tanto da avervi combattuto tre guerre.

Le recenti tensioni diplomatiche e militari

Il fiume Indo

La tensione tra Pakistan e India ha iniziato a crescere a partire dalla sera di mercoledì 23 aprile, quando Nuova Delhi ha accusato Islamabad di essere coinvolta nell’attentato verificatosi nel Kashmir (in India formalmente denominato “Jammu e Kashmir”). L’India ha parlato di presunti legami tra l’attacco di martedì e il «terrorismo transnazionale». Come prima mossa di ritorsione, il governo indiano ha espulso due diplomatici pakistani dichiarandoli persone non grate, e ha chiuso il confine di Wagah – la principale frontiera tra i due Paesi – impedendo ai pakistani di entrare in India. Successivamente, è giunta la decisione di sospendere il Trattato sulle acque dell’Indo del 1960. Con esso, India e Pakistan si spartirono il controllo delle acque provenienti dall’Indo, che sorge in territorio indiano. Il trattato garantisce al Pakistan il controllo sulle acque occidentali del fiume e all’India quello sulle acque orientali, imponendole inoltre limitazioni nello sfruttamento delle acque di competenza pakistana. Il Pakistan dipende significativamente dalle acque provenienti dall’Indo, il che implica che, se con la sospensione del trattato l’India decidesse di bloccare o deviare il flusso d’acqua, causerebbe un grave impatto sui settori agricolo ed energetico di Islamabad.

La sospensione del trattato sulle acque ha causato un forte sollevamento popolare in Pakistan. Ieri i cittadini pakistani sono scesi in piazza a Faisalabad, Gujranwala, Gujrat, Lahore, Peshawar, Rawalpindi e in altre città del Paese. Tra proteste cittadine, accuse e tensioni diplomatiche, il Pakistan ha così deciso di rispondere all’India: ha chiuso anch’esso il confine con il Paese, ha sospeso i permessi di soggiorno ai cittadini indiani, ha ridotto il numero di diplomatici indiani a Islamabad, ha impedito alle compagnie indiane di attraversare lo spazio aereo del Paese e ha sospeso i vari accordi bilaterali con l’India, chiudendo inoltre le rotte commerciali. Nuova Delhi, a quel punto, ha risposto alla ritorsione pakistana ordinando a tutti i cittadini pakistani di lasciare il Paese entro il 29 aprile.

Alle tensioni diplomatiche sono seguite quelle militari. Nella serata di ieri, i media hanno infatti riportato che un soldato indiano avrebbe attraversato il confine e sarebbe stato catturato e detenuto dalle forze pakistane; sul web girano le foto di tale soldato, legato e imbavagliato, ma non è possibile verificarne la fonte. Nella notte, invece, si sono verificati i primi scontri sulla Linea di Controllo che separa i due Paesi. Fonti dell’esercito indiano hanno riferito ad Al Jazeera che la sparatoria è stata avviata dalla parte pakistana. Anche un funzionario governativo della porzione di Kashmir amministrata dal Pakistan, Syed Ashfaq Gilani, ha confermato a France 24  che c’è stato uno scontro a fuoco tra le truppe, ma non ha specificato chi abbia dato inizio allo scontro. In ogni caso, non sembra che la sparatoria abbia coinvolto i civili.

Le origini dei dissidi tra India e Pakistan

Il premier indiano, Narendra Modi

Da mercoledì, insomma, la situazione tra India e Pakistan è rapidamente degenerata, e arrivano costanti aggiornamenti su misure di natura diplomatica e tafferugli. I rapporti tra i due Paesi non sono mai stati dei migliori, tanto che per comprendere l’origine dei loro dissidi si dovrebbe risalire alla loro stessa nascita, avvenuta con la dissoluzione dei domini britannici nel 1947. La partizione venne effettuata su base religiosa con l’intento di separare induisti e musulmani, costringendo lo spostamento forzato di milioni di cittadini. I confini stabiliti non piacquero a nessuna delle parti, e in quello stesso anno ebbe luogo la prima guerra indo-pakistana. Essa costrinse il Maharaja del Kashmir, incerto su quale dei due Stati affiliarsi, a chiedere aiuto all’India e a federarsi a essa. Gli scontri si fermarono nel 1949, quando l’ONU divise l’area kashmira, affidando i due terzi orientali all’India e il restante terzo occidentale al Pakistan, scontentando di fatto entrambe le parti. Dopo un breve coinvolgimento della Cina, nel 1965 scoppiò la seconda guerra indo-pakistana, a cui nel 1971 seguì un terzo conflitto, che coincise con la guerra di liberazione bengalese. Alla fine di esso fu siglato l’accordo di Simla, col quale si consolidarono i confini già abbozzati nel 1949, e la Linea di controllo si affermò come tratto di demarcazione tra i due Stati.

Al centro di tutte e tre le guerre fu proprio la regione del Kashmir, che risulta ancora contesa. La Linea di controllo, infatti, non costituisce un vero e proprio confine internazionale riconosciuto, e lascia aperte le rivendicazioni unilaterali. Nel corso degli anni, l’area kashmira fu oggetto di numerosi altri scontri (interni ed esterni), che tuttavia non sono mai degenerati al punto da causare una quarta guerra indo-pakistana. La situazione apparentemente statica è tuttavia andata peggiorando nel corso degli anni, perché il Pakistan ha continuato a rivendicare il diritto sul Kashmir, e la stessa popolazione kashmira ha sviluppato sempre più un sentimento di indipendenza. Il senso di identità della popolazione del Jammu e Kashmir è avvalorato da una serie di articoli della costituzione indiana che furono oggetto di revisione nel 2019, e che fornivano una sostanziale autonomia amministrativa alla regione. Prima dell’avvento dell’attuale premier indiano, Narendra Modi, infatti, il Kashmir era dotato di una costituzione propria, garantita dall’articolo 370 della costituzione indiana, che forniva alla regione la totale libertà di delibera su qualsiasi materia, esclusi gli affari esteri, la difesa e le comunicazioni; l’articolo 370 era poi accompagnato dall’articolo 35A, che impediva la possibilità di acquistare terreni a chi non fosse del Kashmir. Tali articoli sono stati cancellati nella revisione del 2019, confermata dalla Corte Suprema nel dicembre del 2023.

Alla delicata situazione nel Kashmir e alla contestata partizione del 1947 si aggiungono i dissidi relativi alla gestione delle acque, questioni di politica interna ed elementi di divisione di natura religiosa. L’India è infatti a maggioranza indù (a eccezione dello stesso Jammu e Kashmir), mentre il Pakistan è prevalentemente musulmano. Con l’avvento di Modi, che porta avanti un ampio progetto nazionalista volto a trasformare l’India in uno Stato indù, la questione religiosa è diventata ancora più centrale, a causa delle politiche repressive del premier indiano nei confronti dei cittadini di religione islamica. In generale, poi, i due Paesi si sono spesso reciprocamente accusati di finanziare gruppi ribelli e terroristici per destabilizzare i governi centrali, proprio come accaduto ultimamente nel caso degli attentati nel Jammu e Kashmir.

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Dario Lucisano

Laureato con lode in Scienze Filosofiche presso l’Università di Milano, collabora come redattore per L’Indipendente dal 2024.

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