Le persone costrette ad abbandonare i luoghi in cui vivono a causa di disastri naturali e ambientali sono già oggi in numero superiore di circa tre volte a quelle spinte a sfollare dalle guerre. Il Global Report on Internal Displacement, pubblicato nel 2021 dal Norwegian Refugee Council, mostra uno scenario piuttosto cupo, che spinge a riflettere sulla realtà sempre più evidente dei rifugiati climatici, persone costrette ad abbandonare le proprie terre a causa delle conseguenze del surriscaldamento globale. Nel 2020, ci sono stati 40,5 milioni di nuovi sfollati all’interno dei confini nazionali (si tratta del dato più alto degli ultimi 10 anni), distribuiti in 149 paesi. Nella maggior parte dei casi, la causa sono i disastri ambientali.
Gli sfollamenti sono causati da conflitti (9,8 milioni di sfollati) o da disastri (30,7 milioni di sfollati). I conflitti sono causa principale degli sfollamenti in Africa e nel Medioriente (soprattutto in Siria, Congo, Colombia, Yemen e Afghanistan). I disastri, invece, sono responsabili della buona parte degli sfollamenti nel continente asiatico (e in particolare Afghanistan, India e Pakistan). Nel 2020, ci sono nel mondo un totale di 55 milioni di sfollati, di cui 20,5 milioni di bambini. Il 95% di questi si trova in paesi vulnerabili. Molti sono già stati sfollati altre volte nel corso della loro vita.
Tutte le cifre sono in costante aumento, ma particolare attenzione meritano i dati sui disastri naturali. Questi hanno visto un aumento piuttosto impressionante negli ultimi anni. Nel 98% dei casi, le cause sono di natura climatica. Parliamo di cicloni, uragani, tifoni, tempeste, alluvioni, incendi, eruzioni vulcaniche, che distruggono case e villaggi e costringono le persone ad evacuare, ma anche di siccità e di temperature estreme. Ovviamente tutto questo ha anche un costo economico piuttosto importante: solo nel 2020, parliamo di 20,5 miliardi di dollari.
Anche l’Europa, seppure in misura minore, è stata colpita. Il 2020 è stato l’anno più caldo mai registrato, con una temperatura media di 0,4° superiore rispetto all’anno precedente. Proprio questo aumento di temperatura ha causato numerose tempeste ed alluvioni che hanno costretto intere cittadine ad evacuare.
Un dato particolarmente importante riguarda il legame tra i conflitti e i disastri. Anche se questi hanno un forte carattere regionale (alcune aree del mondo sono particolarmente vessate da conflitti, altre da disastri ecologici), i due fattori sono spesso collegati. Le condizioni climatiche, per esempio, possono far scarseggiare l’acqua e quindi innestare nuovi conflitti o esasperare conflitti precedentemente esistenti. Ma anche il contrario può avvenire: un conflitto può causare uno spostamento verso zone del paese più esposte a disastri.
La maggior parte degli sfollamenti avvengono all’interno dei confini interni dei paesi, per cui è chiaro che i governi devono agire fermamente per aiutare la popolazione locale. È anche vero però che vista la scala del fenomeno e la sua diffusione, è necessaria anche una risposta globale, di cooperazione internazionale. Soprattutto in questo momento, in cui la pandemia ha ulteriormente complicato la situazione degli sfollati attuali, creando oltretutto nuove situazioni emergenziali.
[di Anita Ishaq]