Sono riprese, a Vienna, le negoziazioni in vista di un accordo sul nucleare tra Iran da una parte e Stati Uniti, Europa e Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dall’altra. Il piano risale al 2015 e le consultazioni stanno riprendendo dopo uno stallo di diversi anni, soprattutto in seguito all’uscita degli Stati Uniti, con Trump, nel 2018. Con la nuova amministrazione Biden, e soprattutto con la decisione dell’Iran di produrre 6,5 chili di uranio arricchito al 60%, gli Stati Uniti hanno optato per una ripresa delle negoziazioni.
A scandire la ripresa delle consultazioni c’è stata la rimozione, da parte degli Stati Uniti, di sanzioni introdotte giovedì scorso a danno di tre ufficiali iraniani e due aziende petrolchimiche colpevoli, secondo gli USA, di sostenere i Guardiani della Rivoluzione iraniana e il gruppo Houthi nello Yemen. Al momento, gli Stati Uniti non hanno partecipato direttamente agli incontri. L’Iran si è comunque espresso positivamente, dichiarando che nonostante le questioni da risolvere, non sembra esserci nessuna impasse.
Nel 2015, con l’accordo sul nucleare, l’Iran aveva acconsentito ad eliminare le sue riserve di uranio a medio arricchimento, di tagliere quelle a basso arricchimento del 98% e di ridurre di due terzi le sue centrifughe a gas per 13 anni. Aveva inoltre accettato un monitoraggio capillare delle sue attività nucleari e delle sue centrali, nonché la conversione di numerosi impianti. Tutto questo in cambio di una cessazione delle sanzioni economiche imposte da Stati Uniti, Europa e Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, imposte teoricamente proprio in ragione del programma nucleare iraniano.
Nel 2018, sotto pressione israeliana, Trump aveva optato per un’uscita unilaterale dall’accordo e aveva rinnovato le pesanti sanzioni economiche che, come sempre, per quanto indirizzate ad un regime, vanno a colpirne la popolazione. L’amministrazione Biden ha scelto un approccio differente, priorizzando la soluzione della minaccia nucleare iraniana.
Nel frattempo, la disapprovazione di Israele incombe sulle negoziazioni. Il nuovo presidente Bennett non ha cambiato linea rispetto al suo predecessore e ha dichiarato il piano «un errore» rivendicando il diritto del paese, in quanto esterno ai patteggiamenti, di intervenire qualora l’Iran sviluppasse armi nucleari. Sarà da vedere come gli Stati Uniti risponderanno a queste pressioni. Alle varie tensioni a livello internazionale va oltretutto aggiunto che il 18 giugno in Iran avranno luogo le nuove elezioni presidenziali, un momento quindi particolarmente delicato e decisivo, anche in vista degli accordi di Vienna.
[di Anita Ishaq]