sabato 23 Novembre 2024

Inquinamento, plastica, specie aliene: il Mediterraneo non è messo per niente bene

Le specie aliene identificate nei mari italiani sono 243, di cui il 68 % è ormai stabile lungo le coste della penisola italica. Le aree considerate a maggior rischio di introduzione di tali specie sono i porti e gli impianti di acquacultura: in queste zone sono 47 le specie aliene rilevate. La pesca massiccia con reti a strascico e con altri metodi non sostenibili pone il 75% delle specie ittiche in pericolo poiché fortemente sovra-sfruttate, creando un forte impatto sulla biodiversità marina. In più ci sono una media di 400 rifiuti, in gran parte plastici, ogni 100 metri di costa. Questi i dati che lanciano l’allarme sullo stato di salute del mare Mediterraneo.

Il 7 e l’8 di giugno, l’ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ha organizzato due eventi in occasione della Giornata Mondiale degli Oceani che, per questo anno, ha il seguente tema: “Oceani: vita e mezzi di sussistenza”. Il 2021 è particolarmente rilevante poiché dà inizio al Decennio sulla scienza oceanica per lo sviluppo sostenibile (2021-2030), il programma dalle Nazioni Unite che ha come obiettivo il rafforzamento della cooperazione internazionale per lo sviluppo, la ricerca scientifica e le tecnologie innovative in grado di collegare la scienza oceanica con i bisogni della società. Entro il 2030 dovremmo dunque essere in grado di «conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine». Ciò risulta essere di grande rilevanza per un paese come l’Italia, una penisola che conta circa 7.500 chilometri di coste.

Specie aliene, stock ittici e rifiuti: come stanno oggi i nostri mari? Questo è il titolo del webinar organizzato da ISPRA che fornisce il quadro sullo stato di salute del Mar Mediterraneo. Quest’ultimo risulta essere in sofferenza, tanto per quanto concerne il livello elevato di inquinamento tanto per gli stock ittici presenti.

I rifiuti hanno ormai invaso le nostre acque salate e le spiagge italiane sono delle piccole discariche. È stato calcolato che in 100 metri di spiaggia vi siano una media di 400 rifiuti. I più abbondanti di questi rifiuti (60%) sono oggetti che utilizziamo per pochissimo tempo: borse per la spesa, cotton fioc, posate usa e getta, cannucce, bottiglie. In alcune aree vi sono anche i rifiuti spiaggiati che derivano dalle attività di pesca e acquacoltura: il Mar Adriatico è il più sottoposto a questo genere di rifiuti. Le “reste”, reti tubolari in plastica utilizzate per l’allevamento dei mitili (cozze), in alcune regioni, sono state trovate una ogni metro di spiaggia. La situazione non migliora sui fondali dove è depositato più del 70% dei rifiuti marini; di questi, il 77% è costituito da plastica. Studi condotti da ISPRA hanno stimato che un pescatore di Chioggia (Veneto) può arrivare a pescare fino a 8 tonnellate di rifiuti in un anno, ovvero 9 kg di rifiuti ogni 100 kg di pesce. Proprio quest’oggi si parlerà anche di questo a Chioggia, all’evento “La pesca e l’acquacoltura in Veneto”.

L’ingestione di plastica è uno dei problemi di maggior impatto sugli esseri viventi dei mari. Nel Mediterraneo più del 63% di tartarughe marine ha ingerito plastica mentre studi effettuati da ISPRA nel Mar Tirreno, hanno rivelato che più del 50% dei pesci analizzati e il 70% degli squali che vivono in profondità avevano ingerito plastiche. Inoltre, sul fondale, gli attrezzi da pesca – persi accidentalmente o deliberatamente abbandonati – impattano gravemente su esseri come spugne, gorgonie e coralli neri. Tali rifiuti possono danneggiare e creare ferite a questi organismi o addirittura sradicare gli stessi, portando ad una progressiva degradazione dell’ambiente e della biodiversità.

[di Michele Manfrin]

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