«La Stampa gioca di sponda con la Procura per tentare la strategia dell’insabbiamento»: è questa la prima parte del testo pubblicato sul sito Notav.info in seguito alla notizia, data dal quotidiano italiano, avente ad oggetto la consulenza della Procura sul caso di Giovanna Saraceno, attivista No Tav rimasta gravemente ferita nel mese di aprile durante le manifestazioni di protesta svoltesi in Val di Susa. La consulenza esclude il fatto che la donna abbia riportato le ferite a causa di un lacrimogeno lanciato dalla polizia, al contrario di quanto sostenuto dai No Tav, secondo cui quest’ultima sarebbe invece stata colpita in pieno volto. «Un tentativo di depistaggio bello e buono, a cui siamo fin troppo abituati nel nostro Paese», affermano gli attivisti, che si rifanno non solo alla testimonianza di Giovanna ma anche alla «pratica degli spari ad altezza d’uomo», che è «comune in Val Susa».
In tal senso, basterà ricordare che negli scorsi mesi la Corte d’Appello di Torino ha messo nero su bianco, in una sentenza, che le forze dell’ordine hanno compiuto diversi atti illeciti nei confronti del movimento No Tav durante gli scontri avvenuti in Valsusa il 3 luglio 2011. Tra questi l’esplosione di «ordigni lacrimogeni con un’angolazione insufficiente, ovvero con lanci tesi invece che a parabola». In più, proprio in seguito all’incidente che ha coinvolto Giovanna, sono stati diffusi dei video riguardanti la medesima giornata di proteste dai quali si vedono chiaramente agenti di polizia sparare lacrimogeni ad altezza d’uomo. Dunque, i No Tav affermano che «quello de La Stampa è un gesto violento e servile che sminuisce i danni fisici subiti da Giovanna e che smaschera la malafede di chi ad ogni costo cerca di bloccare il dissenso che da oltre 30 anni si manifesta in Valsusa». Per questo nella giornata di lunedì gli attivisti hanno manifestato, tramite una piccola delegazione, a Piazza Castello: il tutto con l’obiettivo di «mostrare alla Ministra dell’Interno Luciana Lamorgese e al suo parterre di vip della sicurezza le immagini della violenza delle sue amate forze di polizia».
Detto ciò, nel testo pubblicato su Notav.info vengono anche riportate le parole di Valentina Colletta, l’avvocato di Giovanna Saraceno, che dopo aver letto l’articolo pubblicato su La Stampa ha affermato: «Ci si trova per l’ennesima volta davanti alla violazione del segreto istruttorio». Secondo l’avvocato si tratta di informazioni delicate che sono uscite dalla Procura della Repubblica per «approdare, senza alcun approfondimento critico e senza alcun interesse per la versione contraria, alle solite redazioni giornalistiche». La difesa di Giovanna, infatti, non è stata informata del deposito della consulenza, motivo per cui Colletta ha affermato che sarà in grado di valutare le conclusioni del Dr. Testi (consulente tecnico) solo se e quando la Procura «le darà l’occasione di leggerle». Ed infine ha aggiunto: «so soltanto che Giovanna ha riferito di essere stata colpita da un candelotto lacrimogeno sparato a distanza ravvicinata e ad altezza d’uomo e non ho ragione per non crederle».
[di Raffaele De Luca]
Ormai l’uso della violenza da parte del potere è diventato lo standard.
La gente dalla Valsusa lo ha sperimentato da tempo ma adesso lo stiamo sperimentando tutto con la gestione del Covid.
La violenza dello stato è coperta dalla quasi totalità dei media.
La violenza spazia dalle fustigazioni pubbliche in TV alle manganellate vere in piazza.
Ma la violenza più spietata è quella dell’obbligo vaccinale perchè interviene direttamente sulla salute delle persone in modo irrimediabile.
Molto peggio di un lacrimogeno sparato in faccia.
La cosa peraltro avviene con una cocktail letale di mistificazione a tutti i livelli, censura dell’informazione, intimidazione delle voci dissenzienti, ricatti nei bisogni più essenziali come la scuola e il lavoro.