venerdì 22 Novembre 2024

Per proteggere l’ambiente è ora di ripensare il commercio marittimo

Il commercio via mare non è stato abbastanza presente nell’importante dibattito sulla riduzione delle emissioni globali, motivo che ha portato molte comunità nel mondo a muoversi purché venga riconsiderato il pesante impatto ambientale da esso causato. Sorge quindi la necessità di un drastico cambiamento di rotta, fino a ridurre a zero le emissioni di gas serra causate dal trasporto marittimo internazionale entro e non oltre il 2050; questa è l’ultima richiesta avanzata da alcuni stati delle Isole del Pacifico (la Repubblica delle Isole Marshall, Kiribati e le Isole Salomone) i quali, la scorsa settimana, si sono rivolti all’International Maritime Organization (Imo, ovvero l’agenzia delle Nazioni Unite incaricata di regolare il trasporto navale).

L’80 per cento, circa, del commercio globale avviene grazie alle navi da carico alimentate da combustibili fossili, responsabili dell’emissione di quasi 940 milioni di tonnellate di CO2 all’anno (circa il 2,5 per cento delle emissioni di gas serra nel mondo): un dato allarmante che, invece di diminuire, sembra stia pericolosamente aumentando. Infatti, senza una drastica azione da parte di tutti – mettono in guardia i ricercatori – entro il 2050 il trasporto via mare potrebbe arrivare a generare ben il 10 per cento di tutte le emissioni globali. Secondo un recente rapporto dell’IPCC, l’obiettivo stabilito durante gli Accordi di Parigi – ovvero limitare il riscaldamento a circa 1,5 gradi centigradi – è ancora possibile ma solo se verranno messi in atto dei cambiamenti molto significativi, da parte di tutti. A breve avrà anche luogo la ventiseiesima Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sul clima (Cop 26, prevista per novembre a Glasgow) e sarà decisivo trattare – anche – di un’attività tanto inquinante come quella del trasporto marittimo, troppo trascurata fino ad oggi. Seguendo le novità emerse dell’ultimo rapporto dell’IPCC, il mancato raggiungimento dell’obiettivo stabilito nel 2015 a Parigi porterà all’innalzamento del livello del mare, che causerà la perdita di interi paesi, in particolare nella regione del Pacifico.

Nonostante ciò, per il momento l’Imo prevede soltanto di dimezzare le emissioni dei trasporti marittimi entro la metà del secolo, ed ecco perché gli stati insulari del Pacifico hanno chiesto di riconsiderare tale piano, per allineare al meglio anche il settore marittimo, cosicché si possa realmente raggiungere quanto deciso durante gli Accordi di Parigi. Anche a marzo di quest’anno, le Isole Marshall e le Isole Salomone, avevano avanzato la proposta di introdurre una tassa sul carbonio, che avrebbe incentivato il passaggio dai combustibili fossili a nuovi combustibili a zero emissioni di carbonio. I portavoce fanno sapere che la proposta per una tassa sul carbonio sarà discussa all’Imo a ottobre, e poi alla 77esima riunione del comitato per la protezione dell’ambiente marino dell’Imo a novembre, momento in cui si dibatterà anche sulla proposta appena presentata relativa al commercio navale a emissioni zero.

[di Francesca Naima]

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

Articoli correlati

2 Commenti

  1. Mi aspettavo sinceramente di meglio. Si continua con questa narrativa del riscaldamento di origine antropica (non scientificamente dimostrato) e quando si parla del trasporto marittimo si mette ovviamente l’accento sulle emissioni di CO2. Invito l’autrice ad approfondire sull’inquinamento (quello vero) prodotto dalle grandi navi che utilizzano combustibile di scarsissima qualità, costando poco, per cui una cinquantina di quelle navi inquinano come tutte le auto del mondo. Per i mari ce ne sono migliaia, ma alle case costruttrici di auto vengono imposte sempre maggiori restrizioni sulle emissioni, i cui costi vanno ovviamente a ricadere sugli automobilisti. Ma il problema rimane sempre e solo quello della CO2 e guarda caso, i cittadini a breve si troveranno a pagare bollette energetiche stratosferiche. Qualche dubbio sul fatto che la transizione green sarà pagata a suon di tasse dalla popolazione? Già si parla di crisi climatica (Draghi) e da qualche parte di possibili lockdown per combatterla. A me sembra ci siano sotto grossi interessi commerciali e finanziari e un’opportunità per drenare ulteriormente denaro dalle tasche dei deboli a favore di una cerchia sempre più ristretta. Sembra troppo complottista?
    PS: I dati e i modelli dell’IPCC vengono contestati anche dagli scienziati della NASA.

Comments are closed.

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

Articoli nella stessa categoria