In Burkina Faso la popolazione si sta ribellando al passaggio di un convoglio militare francese composto da quasi un centinaio di veicoli partiti lo scorso 14 novembre da Abidjan, in Costa d’Avorio con destinazione Niamey, capitale nigeriana. Da lì, poi, il convoglio dovrebbe dirigersi verso Gao, in Mali, per rifornire le forze francesi dell’operazione Barkhane.
Il convoglio è stato bloccato più volte e in più zone per mano della popolazione, in particolare durante l’attraversamento, appunto, del Burkina Faso. Di fatto i veicoli non sono ancora giunti a destinazione.
A Kaya, nell’area centrosettentrionale del paese, la situazione è talmente tesa che almeno 4 manifestanti sono rimasti feriti durante l’insurrezione. Secondo le testimonianze, mentre alcune persone provavano a forzare le recinzioni, i soldati francesi hanno sparato per aria alcuni colpi di “avvertimento”. In quelle ore un bambino di 13 anni è stato celebrato come un eroe e soprannominato “il cecchino n. 1 del Burkina Faso” per aver abbattuto con una fionda un mini drone francese che da almeno 24h gironzolava sulla testa della gente per monitorarne i movimenti.
This young lad in Burkina Faso shot down a French drone with a little slingshot, as protesters blocked a French convoy moving through the country to Niger.
(Via @FasoTags) pic.twitter.com/OcK0of5Km5
— Jake Hanrahan (@Jake_Hanrahan) November 21, 2021
Il convoglio non ha avuto vita facile fin dalla partenza. Già nei giorni precedenti la sua avanzata era stata ostacolata dai manifestanti a Bobo Dioulasso (ovest) e poi nella capitale, Ouagadougou, dove le forze di sicurezza burkinabé hanno usato gas lacrimogeni per allontanare i manifestanti. “Abbiamo deciso di bloccarlo, perché nonostante gli accordi firmati con la Francia, continuiamo a registrare morti e i nostri Paesi restano sotto armati”, ha detto all‘Afp Roland Bayala, per la Coalizione dei Patrioti Africani del Burkina Faso (COPA-BF).
Secondo Le Monde il convoglio al momento risulta bloccato nella località di Loango, situata a una trentina di chilometri a sud della capitale, dove le autorità burkinabé si sono mobilitate per mettere in sicurezza l’area bloccando l’accesso ai manifestanti. Ma le popolazioni hanno cominciato ad organizzarsi per intervenire nel caso in cui il percorso dei veicoli continui per le loro strade.
“La Francia è complice dei terroristi. Non possiamo accettare che i suoi soldati attraversino il nostro territorio con armamenti che potrebbero essere consegnati ai nostri nemici“, ribadisce Roland Bayala, anche perché i militari continuano a “non fare nulla per fermare gli attacchi”. E anzi, portano avanti battaglie “non richieste” dal momento che l’operazione antiterrorismo “Barkhane” in Burkina Faso era stata rifiutata proprio dal governo.
#BurkinaFaso people saying #NoMore to French military presence there, blocking a convoy of the colonial power’s troops for 3 days in the city of Kaya, northeast of the capital.#Africa is awakening!!#NoMore to neo-colonialism. pic.twitter.com/KEJp4Gn1Ja
— I AM ሻዕብያ 🇪🇷 (@SheabiaForever) November 22, 2021
Una situazione prevedibile e che riflette la rabbia e l’insoddisfazione di un popolo che non vede mutare la propria condizione ma che, al contrario, seppellisce sempre più morti a causa del terrorismo. L’ultimo attacco jihadista ha causato 53 vittime e risale al 14 novembre. Né il presidente Roch Marc Kaboré né gli aiuti francesi si sono rivelati adeguati a fronteggiare l’avanzata estremista. Buona parte della popolazione pensa anzi che la Francia stessa si sia resa complice, in molti casi, dei terroristi. Infatti nel paese è in corso una vera e propria campagna di disinformazione contro la Francia, volta a minare l’operato fallimentare dell’esercito: si dice che i francesi procurino armi di nascosto ai jihadisti per prolungare la guerra e rimanere nel paese più a lungo possibile.
Va anche detto che la Francia non gode di una buona reputazione agli occhi di queste popolazioni ormai da molti anni. Per il suo passato da ex potenza coloniale, prima di tutto, e per l’assassinio dell’amato presidente Thomas Sankara, su cui non sono state ancora ben chiarite le implicazioni della Francia. A questa complessità non può essere fornita unicamente una risposta militare. Lo scorso giugno Macron aveva confermato l’intenzione di procedere con una “profonda trasformazione” dell’operazione militare Barkhane, attiva dal 2014: la sensazione è che la Francia si disinteresserà via via del paese, come ha già fatto con il Mali, lasciandolo peggiore di come l’ha trovato.
[di Gloria Ferrari]