venerdì 22 Novembre 2024

“Non opprimeremo i palestinesi”: i giovani israeliani che rifiutano il servizio militare

Shahar Perets ed Eran Aviv sono due giovani israeliani di 19 anni e da mesi rifiutano di arruolarsi tra le Forze militari israeliane. Il motivo del rifiuto è semplice quanto coraggioso: non voler prendere parte all’oppressione della Palestina. Per tale ragione hanno già scontato diverse pene detentive, rispettivamente di 28 e 114 giorni totali. Rendendo il loro rifiuto pubblico e mostrando apertamente che è possibile intraprendere una strada diversa da quella imposta dal Governo, sperano di ispirare altri giovani come loro ad attivare un cambiamento nella società.

Li chiamano refusenik, mutuando un termine coniato durante la guerra fredda e poi diventato parte del linguaggio comune. Viene utilizzato in particolare per indicare i cittadini ebrei israeliani che si rifiutano di perseguire attività di occupazione della Palestina o repressione contro i cittadini palestinesi. Questo viene messo in pratica anche tramite azioni di obiezione di coscienza e rifiuto della coscrizione obbligatoria presso l’IDF, le Forze di difesa israeliane. Tra questi vi sono Sharar Perets ed Eran Aviv, entrambe di appena 19 anni ma con un considerevole numero di giorni trascorsi in prigione alle spalle. La motivazione è la medesima per entrambe: il rifiuto di servire l’esercito israeliano e le sue politiche di occupazione.

Durante un’intervista, Perets racconta di come a suo parere il Ministero dell’Educazione israeliano sia complice di una vasta operazione di repressione, affinchè non si parli dell’occupazione della Palestina. “Le lezioni di storia non parlano della narrativa palestinese” afferma: a causa di questa disinformazione, sostiene, la gente reagisce con rabbia alla sua posizione di obiettrice di coscienza. Per di più la vista di uniformi e militari è parte integrante della vita quotidiana di ogni giovane israeliano, che ne accetta l’esistenza come qualcosa di naturale.

La scelta di Perets, Aviv e molti altri loro coetanei mostra come vi sia una coscienza critica e politica già nei giovanissimi la quale, se portata in luce, può spingere a un cambiamento in molti. Sono infatti 120 gli asolescenti israeliani che a gennaio hanno firmato una Lettera Shministim (dal termine shministiyot, che indica gli studenti senior delle scuole superiori), dove hanno dichiarato il rifiuto di servire nell’IDF. Il loro messaggio per i palestinesi è mostrare che il movimento di rifiuto, seppur piccolo, esiste. Negli ultimi 50 anni sono molti gli studenti che hanno firmato questo genere di lettere.

“Vedere i soldati e colonizzatori in piedi di fronte ai palestinesi” afferma Perets, parlando di un’esperienza vissuta in Cisgiordania, “mi ha reso chiaro che non sarei voluta diventare uno di quei soldati, non voglio indossare quest’uniforme che simboleggia la violenza e il dolore di cui fanno esperienza i palestiensi“.

Eran Aviv è convinto che l’obiezione pubblica sia il metodo più efficace per convincere i giovani tra i 16 e i 18 anni che dovranno arruolarsi che è possibile fare scelte differenti. “Non rifiuto per intero l’IDF, solo l’Occupazione” afferma.

Prima di essere incarcerato nelle prigioni israeliane, Aviv ha dichiarato: “Mi rifiuto perché credo che sia immorale e irragionevole tenere i palestinesi sotto il controllo e il blocco militare senza garantire loro diritti civili e politici, e violando costantemente i loro diritti umani (…) Mi rifiuto perchè credo che Israele potrebbe e dovrebbe portare a termine l’occupazione immediatamente, che sia attraverso accordi, la ritirata o il garantire la cittadinanza alle persone palestinesi e la creazione di uno stato bi-nazionale per israeliani e palestinesi”.

Perets, Aviv e gli altri shministiyot continueranno a rifiutare di arruolarsi e subire l’ingiusta incarcerazione, perseguendo i loro ideali, finchè l’esercito non deciderà di congedarli.

[di Valeria Casolaro]

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1 commento

  1. In questo mare di lacrime, finalmente una bella notizia! Questi giovani sono un raggio di sole nelle tenebre, tutto il mio rispetto per il loro coraggio.

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