Secondo l’ultimo dossier Stop Pesticidi realizzato da Legambiente, lo scorso anno c’è stato un piccolo calo dei residui di pesticidi negli alimenti. Il resoconto riporta i dati elaborati nel 2020 dai laboratori pubblici italiani, per quanto concerne il controllo ufficiale dei residui di prodotti fitosanitari. Tali strutture hanno inviato i risultati di 2.519 campioni di alimenti di origine vegetale, includendo i prodotti derivati da apicoltura – anche se non appartenenti propriamente alla categoria – di provenienza italiana ed estera. L’elaborazione dei dati riporta una percentuale bassa di campioni irregolari, ovvero con principi attivi oltre le soglie consentite, pari all’1.39% di quelli totali. Difatti, il 63% dei campioni analizzati è regolare e privo di sostanze nocive, mentre il restante 35% contiene uno o più residui, seppur nei limiti di legge.
Secondo quanto riportato dal dossier, la frutta si piazza al primo posto per la percentuale maggiore di campioni regolari con uno o più residui di pesticidi. Sono stati individuati un campione di pere con 12 residui, uno di ciliegie con 10 residui e uno di prugne con 9 residui. Quest’ultimo, però, è stato indicato come irregolare, per via del superamento dei limiti imposti e la presenza di sostanze non autorizzate. Nella categoria “frutta”, gli alimenti che presentano la maggior presenza di fitofarmaci, sono l’uva da tavola con il 85,71%, le pere con l’82,14%, le fragole con il 71,79% e le pesche con il 67,39%. Per quanto riguarda la verdura, è stata osservata una quantità maggiore di alimenti regolari senza residui (73,81%). In questo caso, solo poche tipologie presentano un’alta presenza di pesticidi, come i pomodori (60,20%) e i peperoni (48,15%). Infine, tra gli alimenti trasformati, il vino e il miele sono quelli a presentare una maggiore percentuale di residui permessi, contando rispettivamente circa il 39,90% e il 20%.
Quando si fa riferimento ai pesticidi, si parla principalmente di fungicidi e insetticidi, sostanze altamente nocive per l’uomo, ma anche per altri organismi importantissimi per i nostri ecosistemi. Nell’indagine, per esempio, ha destato preoccupazione la presenza dell’insetticida thiacloprid in campioni di mele, lamponi, melograno, mirtilli, pere, pesche, tè verde e miele, e dell’insetticida imidacloprid in campioni di peperoni e tè verde. Si tratta di due sostanze attive particolarmente nocive per le api, il cui impiego non è più consentito dai Reg. CE 2020/23 (thiacloprid) e Reg. CE 2020/1643 (imidacloprid), la cui data di entrata in vigore, tuttavia, potrebbe aver permesso l’accettabilità dei campioni.
Nel quadro generale di Legambiente, viene fatto riferimento anche a un positivo avanzamento della ricerca – con l’utilizzo di tecnologie innovative -, e al successo del biologico. Sono ben 23 milioni le famiglie che hanno acquistato bio almeno una volta nell’ultimo anno, e non si tratta soltanto di persone che si impegnano a condurre uno stile di vita salutista. Ad esempio, si sta riscontrando un cambiamento nella percezione del biologico tra i giovani, i cosiddetti millennial, i quali ricercano – in un rapporto maggiore del 50%-, prodotti provenienti da questa categoria. Infine, ulteriore dato positivo riguarda la credibilità che sta acquisendo sempre più il “bio italiano” sui mercati nazionali ed internazionali.
Alla luce di ciò è fondamentale continuare ad adoperarsi per raggiungere obiettivi sempre più importanti, come prefissato da Farm to Fork – piano decennale messo a punto dalla Commissione europea per attivare la transizione verso un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente – e dalla strategia Europea per la Biodiversità, avviata dal Ministero della Transizione Ecologica. Queste, entro il 2030 prevedono: riduzione del 50% dei pesticidi e del 20% dei fertilizzanti, riduzione del 50% degli antibiotici, raggiungimento del 10% delle aree agricole destinate ai corridoi ecologici e del 25% di superficie coltivata a biologico in Europa.
[di Eugenia Greco]
Ogni tanto una buona notizia aiuta.