lunedì 23 Dicembre 2024

Control C + Control V: il vizio di copiare nella stampa mainstream

Forse Christoper Hithens ci aveva proprio visto giusto, quando disse che era diventato giornalista perché non voleva che le sue fonti di informazione fossero i giornali. A 11 anni dalla sua scomparsa, l’indice di attendibilità dei quotidiani non pare certo risalito, anzi. Alle fake news, che un tempo si chiamavano “notizie destituite di ogni fondamento”, si sono aggiunte le notizie clonate. Il copia incolla è diventato un metodo molto più utilizzato dell’antico modo con cui si faceva il giornalista: consumare scarpe e taccuino per cercare notizie e riportarle nel modo più completo e appropriato possibile.

Un po’ perché proprio la globalizzazione dell’informazione ha dato la possibilità a tanti di “risucchiare” contenuti altrui con pochi colpi di click. L’occasione fa l’uomo ladro e certamente, per esempio, la rivoluzione tecnologica di un quotidiano US Today che nel 2012 ha sostanzialmente accorpato edizione cartacea, sito e televisione, avviando un processo di integrazione multimediale poi seguito anche dalle altre testate anglosassoni, ha permesso ai giornali italiani di copiare l’idea e innovare (potenzialmente) i loro contenuti. E fino a qui, niente di strano né di male: le buone idee viaggiano sulle gambe delle persone sveglie. Il problema è che la versione italiana di questa nuova frontiera dei media è diventata troppo spesso un dagherrotipo confuso e pasticciato. Dove il confine tra cartaceo, digitale e tv sfuma in un fritto misto di notizie che spesso, appunto, vengono anche prelevate di peso da altre testate e rimbalzate sulle proprie, senza nemmeno prendersi la briga di riscrivere i pezzi.

È molto antipatico e a volte poco deontologico, qualcuno si prende la briga di annotarsi articoli originali (magari dai siti dei giornali di provenienza, in lingua) e di porsi domande sulla strana “somiglianza” con articoli praticamente identici che compaiono sulle testate italiane. È’ il caso, abbastanza recente, di un articolo del Corriere della Sera ad oggetto Facebook, Meta e Instagram, curiosamente e praticamente identico ad uno pubblicato tre giorni prima dal New York Times. Come se il testo uscito sul NYT fosse transitato dentro una rapida centrifuga di Google Translate, o qualcosa di simile, e poi riproposto ai lettori italiani.

Altri due esempi, per par condicio riguardanti Repubblica, rivale del Corriere (ma al momento distanziata nettamente nel generale calo di copie e vendite), riguardano un’intervista per gli esteri, in materia di proteste a Bogotà (i drappi rossi dei cittadini alla fame): l’esclusiva, così era stata presentata dal quotidiano di Largo Colombo, era però quasi identica ad un servizio comparso su El Pais poche ore prima. E infatti gli spagnoli, risulta, hanno chiesto la rimozione del pezzo. Per non parlare di un “fake” che riguarda la vicenda del sequestro di Silvia Romano, con la pubblicazione di un’intervista Il portavoce di Al Shabaab nella quale si parla del riscatto e di un presunto finanziamento alla jihad terroristica. Sarebbe stato il colpo del mese o dell’anno, se non si fosse rivelato tutto falso e puntualmente smentito dagli interessati.

In realtà, molto spesso non ci sono nemmeno tanti dubbi e si può anche andare a ritroso nel tempo di oltre 10 anni, per trovare conferma. Già prima del 2010, giornali come Repubblica che avevano possenti siti o meglio edizioni digitali, con redazioni anche molto numerose, sono stati colti in fallo per evidenti casi di “copia e incolla” che difficilmente si sarebbero potuti spiegare diversamente. Ma in quei casi, o casi analoghi, si potrebbe anche obiettare – per spezzare una lancia a favore del redattore o del collaboratore di turno – che proprio la necessità di alimentare l’appetito bulimico di un sito che aveva l’ambizione di raccontare tutto per tutti, ha probabilmente costretto qualcuno ad arrangiarsi nel modo più antico e veloce possibile.

Il problema, ma sarebbe meglio dire la piaga viste le conseguenze sulla reputazione già piuttosto malandata della categoria, del copiare notizie e articoli, in modo più o meno random, preferibilmente da media stranieri per rendere più difficoltoso essere presi con le mani nel sacco, e a volte letteralmente facendolo senza nemmeno cambiare le parole, è ovviamente divampato con le edizioni digitali dei giornali, spazi web dove tutto è più liquido, veloce e dove tutto può essere cambiato in corsa, rispetto alla carta che è stampata. Anche se è tutto rintracciabile e verificabile: ci sono gli screenshots, le cronologie e tutta una serie di strumenti: scripta manent, anche ai tempi del digitale.

[di Salvatore Maria Righi]

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