venerdì 22 Novembre 2024

MoviePass: l’app che si assicura che guardi gli annunci pubblicitari

Dopo una prima esperienza del tutto fallimentare, questa estate tornerà MoviePass: Stacy Spikes ha resuscitato l’azienda fallita nel gennaio 2020, da lui stesso fondata nel 2011 insieme a Hamet Watt, promettendo che questa volta sarà quella buona. Il servizio di bigliettistica è stato pensato in maniera differente rispetto alla prima volta ed aggiunge un dettaglio inquietante: l’applicazione controllerà il livello di attenzione dei bulbi oculari. Infatti, oltre ad una specie di “moneta virtuale”, la nuova applicazione permetterà di ottenere crediti aggiuntivi guardando pubblicità che gli occhi devono effettivamente seguire (altrimenti, niente crediti).

La prima esperienza di MoviePass inizia nel 2011 ma è nel 2017 che sembra avere successo, quando la quota di maggioranza dell’azienda viene acquistata dalla società di analisi dati Helios and Matheson. In quell’anno, MoviePass inizia ad offrire, al costo mensile di 9,95 dollari, biglietti per vedere film al cinema. Nel giro di un anno la società registra un incremento enorme degli abbonamenti ma, al contempo, non riusce a trovare un modello di sostenibilità economica del servizio offerto (un solo biglietto può costare più del canone mensile). Nel giro di poco tempo si crea un buco da 100 milioni di dollari nei bilanci aziendali e tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 MoviePass dichiara fallimento.

Stacy Spikes viene licenziato nel 2018 dopo mesi di totale disaccordo con la nuova proprietà circa l’insostenibilità dell’operazione messa in atto: il prezzo dell’abbonamento a 9.95 dollari. In precedenza il costo variava a seconda di diverse fasce di prezzo, dai 15 ai 50 dollari, ma Ted Farnsworth, CEO di Helios e Matheson (maggior azionista di MoviePass dal 2017), aveva in mente altri piani. Il costo irrisorio dell’abbonamento mensile doveva servire a moltiplicare in maniera enorme la base dei clienti e il reale business dell’azienda doveva essere la vendita dei dati dei clienti per pubblicità mirate, a questo serviva l’esperienza della Helios and Matheson. Secondo Farnsworth, quindi, il business di MoviePass avrebbe dovuto basarsi sull’estrapolazione di valore dai dati dei propri clienti, più che dalla vendita degli abbonamenti. I conti comunque non tornarono.

Adesso però, Spikes sembra voler replicare la cosa. Sebbene non sia noto quanto costerà l’abbonamento all’applicazione, è certo che vi saranno varie fasce di prezzo. Le novità sono due: una “moneta virtuale” e il “PreShow”. Sarà possibile acquistare i biglietti per le proiezioni cinematografiche attraverso crediti che possono anche, di mese in mese, essere scambiati o condivisi con amici o altri utenti. Il PreShow punta invece a realizzare quanto in precedenza tentato da Farnsworth circa la remunerazione ottenuta tramite pubblicità mirate per i clienti, ottenute grazie all’elaborazione dei dati degli stessi. Non solo. Per bocca dello stesso Spikes, l’applicazione utilizzerà sistemi di riconoscimento facciale per accertarsi che gli occhi dell’utente siano effettivamente concentrati sull’annuncio pubblicitario costruitogli su misura. Dunque, invogliando gli utenti ad ottenere crediti aggiuntivi gratuiti, l’applicazione ti mostra pubblicità di prodotti che l’algoritmo ha calcolato possano interessarti e, per ottenere i crediti, devono essere guardate per intero: l’applicazione controllerà che lo sguardo sia fisso sullo schermo. Spikes ha spiegato che questo intende sovvertire il modello di product placement.

Anche noto come “pubblicità indiretta” o “embedded marketing”, il product placement è una tecnica pubblicitaria che consente alle aziende di dare visibilità ai propri prodotti: i marchi vengono inseriti all’interno di contesti non strettamente pubblicitari come film, serie tv, programmi televisivi, eventi sportivi etc., al fine di inserirli nella narrazione generale e nell’immaginario dello spettatore. Grazie a MoviePass, ha spiegato Spikes, il modello di product placement creerà «una transazione tra te e il marchio». Dunque, grazie alla “premialità” che va tanto di moda nel nuovo modello sociale generale, si manipolano gli utenti invogliandoli a guardare pubblicità mirate alle quali effettivamente dovranno prestare attenzione perché un sistema di riconoscimento facciale ne monitorerà i bulbi oculari.

Questa tecnologia è parte del corollario del capitalismo della sorveglianza e che ha già fatto breccia nel mondo del lavoro, come da noi spiegato nel novembre scorso, con software che permettono di controllare il livello di attenzione dei lavoratori che operano da remoto. Dalle piccole cose ai fatti più importanti della vita di una persona, il controllo – che sia governativo o corporativo privato – è sempre più pressante nel quotidiano umano.

[di Michele Manfrin]

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