lunedì 25 Novembre 2024

Recensioni indipendenti: Involuntary (film)

Secondo lungometraggio del talentuoso regista svedese Ruben Östlund, (Palma d’Oro a Cannes nel 2017 con The Square) Involuntary è stato presentato con successo nella sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes nel 2008 e premiato come miglior film al Festival del Cinema Europeo di Bruxelles. Uno sguardo fresco e realista sulla società svedese, sulle lezioni da imparare e da insegnare, proponendo un ritratto provocatorio e innovativo su comportamenti comuni a tutti. Il film racconta, con un intreccio apparentemente casuale, cinque storie parallele, valide in qualsiasi luogo e contesto, diverse ma legate da un tema principale, lo sguardo amaramente tragicomico sulla quotidianità e sulle dinamiche che l’influenza del gruppo ha sull’individuo, mettendo a fuoco sia le condizioni sociali che i limiti da non oltrepassare, evidenziando momenti di tensione in cui la cultura svedese si scompone e tradisce l’idea ultracivile che ha di se stessa.

In un’elegante villa un uomo sta festeggiando con un gruppo di amici il compleanno della moglie. A fine serata ci sono i fuochi d’artificio, ma un incauto comportamento dell’uomo che viene colpito dall’esplosione di un petardo, potrebbe rovinare la festa. Per l’imbarazzo e per paura del giudizio degli amici, si rifiuta di farsi visitare da un medico. Un trentenne, con un gruppo di vecchi amici trascorre un weekend in campagna dove, a causa dell’eccessivo uso di alcol, viene umiliato, fatto oggetto anche di approcci sessuali e ne resterà traumatizzato. Due ragazze adolescenti completamente sedotte da internet, nell’inconsapevolezza di un’età acerba, decidono di ubriacarsi ed emularne i personaggi più trasgressivi, ma fuori ciò che incontreranno nella realtà sarà ben diverso e molto pericoloso. A scuola un’insegnante accusa alcuni suoi colleghi di avere comportamenti sbagliati verso certi studenti che vengono maltrattati e talvolta picchiati per la loro mancanza di disciplina senza che sia presa in considerazione la benché minima attenuante da ricercarsi spesso in un profondo disagio familiare e sociale. Anziché riuscire a cambiare la situazione, rischia lei stessa di essere emarginata dai colleghi. Infine, una donna durante un viaggio su un autobus crea una situazione che lei stessa avrebbe dovuto spiegare con grande semplicità e che non comportava alcuna conseguenza, lascia invece che un altro se ne assuma la responsabilità e non fa niente perché ciò non accada.

Ruben Östlund dirige questo film di 98 minuti visibile sulle piattaforme streaming MUBI e Prime Video, con una maestria e un controllo notevoli, dosando ogni storia senza lasciare nulla al caso e riuscendo benissimo ad immergere lo spettatore dentro i fatti narrati usando una tecnica quasi documentaristica come in un esperimento visivo, restituendoci la consapevolezza di un quadro sociale, culturale ed antropologico dell’individuo e il suo insieme, accentuandolo con lunghi piani sequenza, ampie profondità di campo e inquadrature fisse su luoghi, dettagli e attori, per la maggior parte non professionisti resi ancora più veri e convincenti dalla  loro interpretazione basata sulla riuscitissima improvvisazione.

Un film davvero ben riuscito che ci mette di fronte ad una realtà nella quale tutti possiamo riconoscerci e dove la personalità dell’individuo può mutare  in modo involontario e inconsapevole, ci fa riflettere su quanto le dinamiche collettive finiscano per modificare e talvolta annullare scelte e valori personali facendoci perdere anche il criterio di valutazione delle conseguenze.

[di Federico Mels Colloredo]

 

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