domenica 24 Novembre 2024

Ucraina: l’Occidente chiama le big tech a schierarsi nel conflitto

Non è insolito che, in tempi di guerra, i poli di potere chiedano alle aziende di assumere una posizione politica netta. Anzi, spesso non c’è neppure bisogno di chiedere e sono le imprese stesse ad aderire autonomamente ai sentimenti dettati delle narrative dominanti. Ai tempi della globalizzazione digitalizzata, però, le alchimie di Mercato si sono ibridate al punto che assumere una presa di posizione definitiva sia cosa difficile, per le multinazionali, soprattutto se queste si occupano di comunicazione.

Negli anni, le Big Tech occidentali hanno portato avanti atteggiamenti ambigui nei confronti della tutela dei diritti umani e della libertà di parola, non di rado si sono chinati alle richieste di Governi dall’impostazione antidemocratica, tuttavia l’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca sta ponendo sulle varie dirigenze delle pressioni da cui gli è arduo divincolarsi. Il Cremlino sta infatti chiedendo ai media di censurare post e informazioni che penetrano in Russia tramite il web: Facebook, Twitter, Google, YouTube, Microsoft sono finite tutte nel mirino dell’establishment russo, il quale non è certamente contento dei modi che adottano per diffondere le notizie, ancor più perché molte di loro hanno deciso di imporre restrizioni alle testate vicine a Mosca.

D’altro canto, neppure le Amministrazioni occidentali si ritengono pienamente soddisfatte dall’atteggiamento adottato dalle grandi aziende tech. I Paesi più vicini allo scontro – Polonia, Estonia, Lituania e Lettonia – hanno chiesto esplicitamente che le piattaforme social dominanti si impegnino a sospendere tutti gli account politicamente vicini a Vladimir Putin, mentre i politici europei e statunitensi stanno ragionando su quali siano i modi migliori per arginare la propaganda digitale russa. La posizione dell’Ucraina trova voce in Mykhailo Fedorov, Vice Primo Ministro, il quale pretende che le Big Tech rivedano invece l’accessibilità ai loro servizi in terra russa, una soluzione atta a isolare la nazione avversaria.

Molte aziende internazionali stanno assumendo una posizione simbolica in opposizione alla Russia, ma nessun settore sta ricevendo pressioni dall’alto quanto quello dei social media, dettaglio che tacitamente cementa il potere politico rappresentato dalle Big Tech. Quello dell’industria dei dati è tuttavia un potere effimero, che si è lungamente appoggiato all’idea di poter godere i benefici dell’ingerenza diplomatica senza incorrere negli oneri a essa collegati, ora che i nodi vengono al pettine le imprese non sanno bene come reagire e solcano timidamente la superficie di mari ignoti. I giganti del settore hanno tutto l’interesse di riscattare la propria immagine ormai intorbidita, tuttavia temono che una reazione troppo forte possa tradursi nel dover abbandonare il mercato russo e che una eccessivamente fiacca porterebbe a una regolamentazione del settore da parte USA.

Il dilemma è però a monte: i Governi e le società, intorpiditi dalla promessa di una crescita dell’industria e dei consumi, hanno lungamente permesso alle Big Tech di imbastire una sfera digitale che fosse comoda agli interessi speculativi, abbandonando ogni sforzo di confronto corale per imbastire dei binari guida etico-intellettuali. Quest’obiezione potrebbe suonare eccessivamente retorica, quasi anacronistica, tuttavia i limiti dell’approccio puramente funzionalistico alla tecnologia sono evidenziati dal fatto che persino i social network meno controversi – si veda Telegram – non siano in grado di definire se sia corretto o meno bloccare i canali di comunicazione usati ai fini propagandistici.

Tenendo in considerazione che il confine tra propaganda e informazione è molto sfocato, è opportuno bloccare una fonte narrativa – seppur mendace – che può comunque contribuire a percepire un’immagine d’insieme del mondo? Fin dove si può spingere la censura? Le aziende statunitensi dovrebbero sottostare alle leggi locali anche quando antidemocratiche o hanno il compito di promuovere i valori occidentali? Sono quesiti essenziali che troppo spesso mettiamo a tacere.

[di Walter Ferri]

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