mercoledì 2 Aprile 2025

Una pistola, due colpi e tanti dubbi: il caso Gardini è ancora attuale

Una pistola sul comodino, con due colpi mancanti, un cadavere sul materasso inzuppato di sangue con un foro alla tempia. Sono passati 29 anni da quella mattina di luglio 1993, quando Antonio Di Pietro, punta di diamante del Pool di Mani Pulite, entrando nella camera da letto di Palazzo Belgioioso a Milano, trovò Raul Gardini riverso sul letto in accappatoio.

Il suo suicidio, così lo hanno chiamato fin da allora nonostante tutti i dubbi che ancora restano, è la fine feroce del Corsaro, l’uomo che è partito dalle campagne romagnole per scalare l’industria, la finanza e i grandi della terra. Proprio l’abbraccio mortale con la politica, la stretta con i tentacoli del potere per l’affare Enimont, è stata la grande scommessa persa e pagata col prezzo estremo. Un all-in per prendere tutto e che è finito invece in un buco nero di dubbi, sospetti e misteri, perché a sei lustri di distanza, da quella stagione di magistrati e politici sotto accusa, nulla è come sembra, sempre meno.

Un’inchiesta tra soldi, finanza e potere

La grande inchiesta che ha spazzato via un sistema politico in auge dal dopoguerra, la lunga trafila di politici che sono sfilati in tribunale in un processo che ha azzerato la Prima Repubblica, è tornata di moda di questi tempi per l’ennesimo libro dedicato alla vita e all’avventura di Raul Gardini. Si intitola “L’ultima notte di Raul Gardini”, autore Gianluca Barbera, e sarà riversato in una serie tv dalla Mompracem di Carlo Macchitella e dei Manetti Bros. Una storia avvincente che sembra un thriller e che sullo sfondo della parabola di uno dei capitani d’industria più potenti e influenti del Dopoguerra, muove ombre di complotti, manovre di potere e segreti del Gotha finanziario. La corruzione, la palude di fango dove la politica sapeva e sa ancora più che mai trascinare la società civile e il mondo delle imprese, resta sullo sfondo gotico, quello che resta di un grande spettacolo umano ed economico prima che il sipario cali drammaticamente giù.  

Gardini che aveva cominciato come tanti dalla provincia, dalla pancia della Romagna, nato a Ravenna e gli studi da perito agrario a Cesena, un vincolo con la terra e una passione per quello che se ne può ricavare che è durata tutta la vita. Lo chiamavano il Contadino e come raccontano i suoi biografi, è stato il primo in Italia a intravedere gli orizzonti green dell’economia e dell’agricoltura. Il primo visionario, solo così si riesce a guardare più lontano, che ha parlato di bioagricoltura e di sostenibilità dell’industria grazie ai prodotti a basso impatto provenienti dal ciclo delle coltivazioni.

Da Ravenna alla Coppa America

Un predestinato, Gardini. Dopo il diploma, entra in Ferruzzi (1952) che era l’impero costruito sui cereali dal capostipite Ivan. Un uomo d’altri tempi che ha messo in piedi un solido business col trading dei prodotti agricoli, Gardini sposa la figlia, Idina, nel 1957. E quando nel 1979, Ferruzzi senior perde la vita in un incidente aereo, Raul Gardini (classe 1933) prende solidamente in mano le redini dell’impresa di famiglia. La fa decollare in verticale fino a scalare nel 1986 la Montedison, creando la Ferfin che è l’unica e forse la prima multinazionale italiana. Al suo interno c’è Eridania, Novamont, Erbamont, Fondiaria, Selm (che poi diventerà Edison), Himont e Tecnimont. Nella sua visione strategica l’agricoltura si sposa con l’industria e con la chimica per creare un polo di eccellenza in Europa e nel mondo. Un formidabile perno su cui far ruotare il futuro del Paese. Nel mezzo, come una passione che però diventa un impegno e anche un notevole veicolo di promozione, l’avventura nella vela col Moro di Venezia, la barca italiana costruita e pensata per partecipare e vincere le grandi sfide di Coppa America, fino alla battaglia finale contro gli americani detentori dell’antico trofeo. Da perito agrario, con laurea honoris causa in Agricoltura a Bologna nel 1987, a leader e pilota di uno dei primi gruppi al mondo con un fatturato da 35mila miliardi lire, più di 100mila addetti e 500 impianti in tutto il mondo.

Gardini però non è nato per accontentarsi e pur avendo costruito un impero industriale e finanziario da cui guarda da dirimpettaio capi di stato e organismi internazionali, fa conferenze nelle università americane e diventa un modello di imprenditore moderno, innovativo e lungimirante. Anche se certamente uno che non ama la collegialità e nemmeno il consenso: ripete spesso “non mi interessano le opinioni degli altri”. E poi la celeberrima frase “la chimica sono io”, quando ormai nei suoi pensieri e nel suo orizzonte c’è l’Enichem.

Tra corridoi e anticamere

La fusione tra chimica privata e quella pubblica, la creazione di un polo monopolistico che lo incoronerebbe re del settore e tra i Big mondiali. Il problema è che per arrivare ad Enimont, alla joint-venture che dovrebbe fondere le due realtà. Gardini deve fare qualcosa che la famiglia Ferruzzi e la tradizione di imprenditore agricolo, coi piedi per terra e l’orgoglio genuino di chi conosce i propri mezzi, non ha mai fatto. Scendere a patti con la politica, mescolare il sacro col profano, in una parola far entrare i mercanti nel tempio. La politica prima lo blandisce, gli apre le porte, lo coccola e lo spinge nel suo sogno di Re della chimica, gli promette anche tappeti rossi, alias sgravi fiscali, che non gli darà mai. Un complicato risiko finanziario vissuto dentro e fuori i corridoi di palazzo dove quelli come lui, capitani di impresa e imprenditori duri e puri, non sono amatissimi e anzi, qualcuno appena può gli fa lo sgambetto.

L’abbraccio tra i palazzi di Roma e il Contadino è appunto stritolante, nell’intricato meccanismo della scalata azionaria Gardini intravede il vicolo cieco in cui finisce e capisce presto che il sogno di Enimont è destinato a restare tale. Anche per questo, proprio per questo, esasperato da spartizioni, lotte per poltrone e strapuntini, si decide a pagare una maxi tangente che resterà nella storia oltre che per l’importo plurimiliardario, anche per il fatto che viene pagata non per ottenere favori o contratti, ma per liberarsi dal gioco e uscire dal cerchio magico in cui la politica lo ha risucchiato. Di quella montagna di soldi beneficiano tutti i partiti, compresa la Lega che da poco muove i suoi passi nella politica romana, c’è perfino una parte di circa 90 miliardi che pare abbia preso la strada dello Ior, senza tornare mai indietro. E c’è un assegno da un miliardo versato a Botteghe Oscure di cui hanno parlato tanti, senza mai riuscire a dimostrare il pagamento. C’è anche chi dice che sono questi segreti, che hanno accompagnato Gardini nella tomba, ad aver fatto definitivamente precipitare la traiettoria imperiosa e imperiale del Contadino di Ravenna.

Che dopo aver visto sfumare il sogno Enimont, esce anche dal gruppo Ferruzzi, dopo bisticci e litigi con Ida e soprattutto i suoi fratelli. Una buona uscita da 500 miliardi sono un bel motivo per togliere e disturbo e provare a ripartire da solo, cercando di riprendersi tutto quello che gli era stato tolto, nella sua testa e nei suoi pensieri non certo in modo chiaro e corretto: un giocatore di una partita pilotata dall’arbitro e viziata di scorrettezze, così Gardini ha accompagnato i suoi ultimi anni di vita e di lavoro. Con la Gardini Srl compie diverse importanti operazioni finanziarie, ma è il passato e la vicenda Enimont che pesa come un macigno nei suoi pensieri.

Una pistola e un appuntamento

La mattina che lo trovano senza vita, faccia in giù, sopra il materasso insanguinato aveva un appuntamento in procura. Avrebbe dovuto incontrare i magistrati del pool di Mani Pulite, quei pm che stavano scavando nei conti di imprese, banche e partiti per portare alla luce quello che tanti sapevano e che nessuno avrebbe voluto raccontare. Dicono che proprio prima di tirare il grilletto della sua vecchia Walter Ppk 7,65, abbia sfogliato i giornali del mattino, scoprendo in un titolo di Repubblica (“Garofano accusa Gardini”) il suo epitaffio. Il manager che insieme a Carlo Sama ha preso le redini del gruppo Ferruzzi dopo la sua uscita di scena, è stato anche quello che lo ha spinto a capire che per lui si sarebbero spalancate le porte del carcere. Un’onta irricevibile per il Contadino di Ravenna, una macchia troppo grande da cancellare per il suo orgoglio duro e puro che peraltro aveva visto altri che come e più di lui avevano smazzato tangenti e incassato favori.

Partendo da sinistra: Gabriele Cagliari e Raul Gardini

Di Pietro disse poi “se l’avessimo arrestato, forse l’avremmo salvato”, restano tutti i dubbi di un suicidio con due colpi (chi si spara due colpi per ammazzarsi?), della pistola appoggiata sul comodino ad una distanza considerevole dal suo cadavere, e il fatto che tre giorni prima, il 20 luglio, nel carcere di San Vittore si era tolto la vita Gabriele Cagliari. L’ex presidente di Eni e suo avversario nella partita Enimont, il manager messo alla guida del colosso dell’energia dal Partito socialista, si è ammazzato nei bagni del carcere, bloccando la porta con un pezzo di legno e infilando la testa in un sacchetto di plastica, stretto poi con un laccio da scarpe. Un suicidio feroce che, come quello di Gardini, lascia più dubbi di quante certezze possa consegnare alla storia recente di quegli anni. I tre giorni in cui Tangentopoli virò radicalmente il suo percorso e la percezione negli italiani, i tre giorni del Condor in cui Cagliari e Gardini hanno portato via, nella loro bara, anche i segreti che tuttora restano appesi e intrecciati a trame che partono dall’economia, dalla finanza, e arrivano a Cosa Nostra e alla massoneria. “E il tuffatore resta lassù da solo, sospeso in volo, tra la vita e la morte” recita un passo de “Il tuffatore”, un libro che Elena Stancanelli ha dedicato, da un altro punto di vista, a Raul Gardini e alla sua meravigliosa e triste parabola.

[di Salvatore Maria Righi]

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2 Commenti

  1. dalla pistola mancano due colpi ed era lontana dal corpo. anche un bambino capisce che non può essere suicidio quindi la magistratura? complice anche quella?

  2. @LA REDAZIONE. Salve a voi. Ho mandato due mail nei giorni scorsi e non ho ancora ricevuto risposta.

    Cordiali saluti
    MS

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