giovedì 21 Novembre 2024

Il pollo del supermercato ha un problema con la salmonella

Quasi un terzo del pollo presente nei supermercati italiani potrebbe essere contaminato da salmonella: è ciò che si può ipotizzare sulla base di un test pubblicato sul nuovo numero della rivista il Salvagente, dal quale infatti è emerso che su 24 campioni di pollo analizzati in laboratorio 7 contenevano il batterio in questione. Le analisi, condotte tutte su campioni di carne di pollo fresca acquistata nei principali supermercati e discount, hanno avuto ad oggetto esclusivamente prodotti di origine italiana ed hanno precisamente riguardato marchi storici come Aia, Amadori, Fileni e Vallespluga nonché private label di società quali Coop, Conad, Esselunga, Carrefour, Lidl ed MD. Per quanto concerne poi il batterio nello specifico, da ulteriori analisi è emerso che in tutti i casi si trattava dell’Infantis, il quale fa parte delle cosiddette “salmonelle minori” (che causano effetti meno forti rispetto alle “salmonelle maggiori”). Tuttavia tale scoperta desta comunque preoccupazione, in maniera particolare in ottica rischio di antibiotico-resistenza: basterà ricordare che, secondo un recente rapporto dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), mentre la resistenza dell’Infantis all’ampicillina (un antibiotico) nell’Ue è mediamente pari al 17,4%, in Italia è del 53,3%.

Quanto emerso dal test inoltre getta non poche ombre sul modus operandi del Ministero della salute, che il 16 febbraio – in riferimento all’eventuale presenza di salmonelle minori nella carne fresca di pollame – tramite una nota aveva parlato della necessità di “azioni correttive quali la destinazione alla produzione di prodotti a base di carne trattati termicamente”. In altre parole la carne contaminata sarebbe dovuta essere scartata ed usata per preparazioni precotte – spiega a tal proposito il Salvagente – il quale denuncia il fatto che proprio in seguito alla levata di scudi da parte della filiera avicola (con il 50% del pollo in vendita che avrebbe rischiato di essere ritirato perché non conforme) c’è stata una sorta di retromarcia da parte del ministero. Quest’ultimo infatti successivamente, precisamente il 25 febbraio, ha prontamente specificato che la nota in questione non rappresentasse “un atto finalizzato a dare disposizione al territorio” ma che essa facesse parte di “una fase di valutazione con gli organi scientifici della problematica inerente i procedimenti di controperizia e controversie sulla presenza di salmonelle nelle preparazioni di carni allo scopo di predisporre congiuntamente con le Regioni una circolare applicativa”.

Una specifica, quella appena citata, che però appunto non può che far discutere non solo perché arrivata proprio in seguito alle proteste delle aziende del settore ma anche perché una stretta sanitaria sembrerebbe essere necessaria. Oltre al problema dell’antibiotico-resistenza sopracitato, infatti, nella stessa nota del ministero si precisa che le salmonelle minori sono comunque “agenti patogeni in grado di causare malattia nell’uomo” e che “il 30% delle salmonellosi umane sono sostenute da salmonelle diverse dalla salmonella tiphymurium e dalla salmonella enteritidis”, ovverosia quelle maggiori. Eppure a differenza di queste ultime, la cui presenza nelle carni fresche di pollame è vietata dal Regolamento CE 2073/2005, per le salmonelle minori lo stesso “non prevede un criterio”. Di conseguenza, in virtù di tali considerazioni nonché del rischio di antibiotico-resistenza, un intervento a riguardo in Italia sarebbe quantomeno auspicabile.

[di Raffaele De Luca]

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