L’Olanda ha annunciato di voler ridurre gli allevamenti intensivi: l’obiettivo prevede la diminuzione del 30% degli animali al loro interno entro il 2030. Si tratterebbe di un grandissimo ridimensionamento del settore dell’allevamento al fine di dimezzare le emissioni di azoto e proteggere così l’ambiente. È la prima nazione europea a prendere questa strada.
Il governo olandese ha deciso di concentrarsi su questo settore perché il paese è al primo posto a livello europeo per l’esportazione di carne. L’Olanda conta 100milioni di capi di bestiame per 17 milioni di abitanti. Una densità davvero molto alta per un territorio non molto esteso, grande più o meno come la Lombardia e il Veneto insieme. L’allevamento intensivo, infatti, causa conseguenze non di poco conto, specialmente al terreno per via dall’ammoniaca prodotta da letame e liquami. Inoltre, importanti aree territoriali olandesi sono state inquinate dall’azoto con una progressiva acidificazione e sovrafertilizzazione.
Lo Stato è quindi pronto ad azionarsi per la riduzione degli allevamenti intensivi negli anni a venire, affinché anche il suolo possa tornare in salute. Per raggiungere l’obiettivo, i Paesi Bassi si impegneranno a produrre meno rifiuti e a riciclare ove possibile, ricavare mangime per animali dagli scarti dell’industria alimentare, e salvaguardare il benessere degli animali anche con la costruzione di spazi più ampi, per evitare malattie e l’impiego di antibiotici. Il piano prevede anche un paracadute per i lavoratori del settore: nei 25 miliardi di euro che verranno investiti in questo percorso di transizione, sono previsti risarcimenti e incentivi per accompagnare e sostenere gli allevatori che dovranno adattarsi ai cambiamenti e abituarsi a uno sfruttamento del territorio più rispettoso.
La speranza che le misure introdotte in Olanda siano da esempio anche per gli altri paesi europei è grande, soprattutto se si considera che per ridurre notevolmente le emissioni di gas serra – precisamente del 68% -, bisognerebbe eliminare totalmente gli allevamenti a livello globale, come confermato da un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica Plos Climate. In questo modo, infatti, si ridurrebbe la quantità di anidride carbonica, metano e ossido di azoto, e non ci sarebbe più bisogno di sfruttare i campi per la produzione di mangime. Il tutto renderebbe possibile il recupero della vegetazione nativa, considerando che il 30% della superficie terreste viene utilizzata per il pascolo o la coltivazione di mangimi per gli animali.
[di Eugenia Greco]
Ciao, verso la fine della articolo scrivi che si ridurrebbe la qualità di CO2, ecc. Intendevi dire quantità?
Buon pomeriggio Federico. Sì, grazie mille per la segnalazione