In un documento scientifico emerso recentemente all’attenzione della cronaca, ricercatori cinesi suggeriscono a Beijing di sviluppare strategie per resistere a una minaccia spaziale che potrebbe creare problemi in futuro, quella dei satelliti privati sparati nello spazio dal multimiliardario statunitense Elon Musk, ovvero la costellazione Starlink.
Il report, pubblicato a fine aprile e prontamente rimosso dalla Rete, era comparso sulla rivista cinese Modern Defense Technology a firma del professor Ren Yuan-zhen, il quale riconosce proprio in Starlink una realtà insidiosa che l’attuale tecnologia cinese non è ancora in grado di contrastare. I mezzi attivati da Musk e dal suo SpaceX sono considerati da molti decisamente troppo numerosi, praticamente la loro presenza sta monopolizzando l’orbita terrestre con una ragnatela che rende complesse le operazioni alle altre parti prese in causa.
Stiamo parlando della concorrenza diretta – come il Blue Origin di Jeff Bezos -, ma anche delle varie agenzie governative, le quali hanno registrato negli ultimi anni dei preoccupanti allarmi riguardanti ai rischi di impatto incorsi tra gli strumenti di Starlink e i centri di ricerca spaziali. Un argomento che a sua volta ha rappresentato un motivo di attrito tra Washington e Beijing. In tal senso, gli accademici cinesi si preoccupano esplicitamente del fatto che i satelliti di Musk possano essere usati di fatto come “arieti”, che possano speronare le apparecchiature altrui per deviarne l’orbita, azione pregna di malizia che sarebbe facilmente giustificabile al pari di un incidente.
Bisogna, sostiene il documento, sviluppare «una combinazione di metodi di disattivazione, diretti e indiretti, che possano far cessare le funzioni di alcuni satelliti Starlink e distruggere la costellazione del sistema operativo». Una cosa non da poco: essendo diffusi in maniera così capillare, la distruzione di un numero contenuto di apparecchi non sarebbe in grado di ledere significativamente la funzionalità dell’intera Rete. Non solo, si stima che i costi di produzione e di lancio di un missile antisatellitare siano più onerosi di quelli di un singolo satellite Starlink, quindi un eventuale bombardamento da terra finirebbe sul lungo periodo a danneggiare più le casse Governative cinesi che quelle dell’azienda privata.
Nelle scorse settimane, la Cina si è dimostrata diplomaticamente caustica nei confronti dell’impresa di Elon Musk e dei legami di questa con il Pentagono. L’esercito cinese ha dipinto l’invio di ricevitori Starlink in Ucraina come una mossa pregna di ambizioni militari, tuttavia la crescente irritazione di Beijing potrebbe essere causata anche sul fatto che il prodotto di SpaceX si stia diffondendo anche in Africa, continente su cui l’Amministrazione Xi Jinping sta puntando molto.
In questo momento, il pericolo principale è che USA e Cina si fomentino reciprocamente nel calcare la mano sui loro già intensi progetti satellitari. Oltre a Starlink, Washington può infatti contare sul programma governativo Blackjack, mentre Beijing punta a istituire un «network nazionale» (guowang) caratterizzato da una costellazione di quasi 13.000 unità. Di questo passo non è da escludere che le parti coinvolte finiscano con l’intasare l’orbita prima che un dibattito internazionale possa sviluppare un adeguato sistema per tracciare e organizzare i movimenti dei satelliti, carenza che potrebbe portare a disastrosi scontri extraterrestri.
[di Walter Ferri]