Da giorni decine di migliaia di agricoltori hanno invaso Nuova Delhi, la capitale dell’India, per protestare contro la nuova legge agricola che secondo i manifestanti favorirebbe i grandi gruppi, facilitando lo sfruttamento dei lavoratori agricoli. La nuova legge, approvata in settembre dal governo guidato dal primo ministro Narendra Modi liberalizza i prezzi di vendita delle merci, superando la precedente norma che prevedeva che gli agricoltori dovessero vendere i loro prodotti ai depositi statali, da cui avevano la garanzia di ottenere almeno il prezzo minimo fisso concordato con il governo.
Secondo il primo ministro dare maggiore autonomia ai produttori è un grande passo avanti, che gli permetterebbe di essere direttamente in contatto con le imprese private nazionali o estere vendendolo al miglior offerente. Opposta la lettura dei sindacati agricoli che sottolineano come i piccoli produttori non avrebbero alcuna forza contrattuale per alzare i loro proventi in un mercato in cui il 70% delle famiglie vive di agricoltura e in cui l’offerta è molto ampia. La legge, sottolineano, andrebbe a favorire solo i grandi gruppi che si troverebbero nella possibilità di imporre i propri prezzi ai produttori.
I contadini autori della protesta provenivano dalla regione agricola del Punjab ed erano in marcia lungo l’autostrada che conduce alla capitale quando sono stati fermati dalla polizia, sono seguiti scontri nei quali i braccianti “armati” di bastoni e sassi, hanno fronteggiato i cannoni ad acqua e i gas lacrimogeni delle forze dell’ordine.