Sono trascorsi quasi 100 giorni da quando i 18 pescatori di Mazara del Vallo si trovano in stato di fermo in una caserma-carcere nei pressi di Bengasi, in Libia. 100 giorni senza novità e con pochissime dichiarazioni da parte delle autorità sia italiane sia libiche. Come sempre accade in questi casi la diplomazia si muove sottotraccia. Nel frattempo, per non far svanire l’attenzione pubblica le mogli dei pescatori hanno annunciato di voler passare il Natale sotto il Parlamento e il Capodanno fuori dal Quirinale. Mentre il vescovo di Mazara, Domenico Mogavero, sostiene la necessità di intervenire con corpi speciali affinché i pescatori possano essere liberati.
Gli equipaggi dei pescherecci Medinea e Antartide sono stati fermati lo scorso 1 settembre, a circa quaranta miglia dalle coste libiche. I pescatori si trovano attualmente nel carcere di El Kuefia, mentre le imbarcazioni sono trattenute nel porto di Bengasi. L’accusa è di ingresso e pesca in acque libiche senza previa autorizzazione. Il caso riporta alla luce la dibattuta questione delle acque internazionali. A fine settembre il generale Mohamed al Wershafani, funzionario delle milizie che combattono per il governo di Khalifa Haftar, aveva detto ad Agenzia Nova che i pescatori sarebbero stati processati secondo le leggi libiche. Tuttavia, ad oggi non si ha notizia di nessun processo imbastito contro di loro e non si sa se e quando si terrà.