lunedì 25 Novembre 2024

Biden promette di fermare il programma nucleare iraniano, anche con la forza

Il presidente americano Joe Biden, mercoledì, in occasione della sua prima visita da Presidente in Israele, ha dichiarato che gli Stati Uniti sono determinati a fermare il programma nucleare iraniano, ricorrendo eventualmente anche alla forza, sebbene come «ultima risorsa». Così ieri, il presidente americano e quello israeliano – Yair Lapid – hanno firmato una dichiarazione congiunta che impone a Washington di usare tutto il suo potere per evitare che Teheran acquisisca l’arma atomica. Non è un caso che il dossier iraniano sia al centro del viaggio di Biden in Israele, considerato che lo Stato mediorientale è uno dei più acerrimi nemici dell’Iran nella regione. In un’intervista col canale televisivo israeliano Channel 12, alla domanda sul perché gli USA vorrebbero riprendere l’accordo sul nucleare con Teheran, nonostante la contrarietà di Gerusalemme, Biden ha risposto «Perché l’unica cosa più pericolosa dell’Iran che esiste ora è un Iran con armi nucleari».

Teheran già da tempo ha annunciato la volontà di riprendere il programma nucleare di arricchimento dell’uranio, in seguito all’uscita unilaterale degli USA – voluta da Donald Trump su pressione proprio di Israele – dall’Accordo sul nucleare iraniano nel 2018 e alla raffica di sanzioni che gli Stati Uniti hanno successivamente imposto allo stato islamico. Prima dello stralcio unilaterale da parte di Washington del cosiddetto Piano d’azione congiunto globale del 2015, l’Iran aveva rispettato gli accordi e la decisione dell’allora presidente americano Donald Trump era stata contesta anche dall’Unione Europea: l’accordo, infatti, era stato stipulato tra l’Iran, i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (Russia, Cina, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia) e l’UE. Agli inizi del 2021, Teheran ha annunciato di voler portare l’arricchimento dell’uranio impoverito al 20%, come confermato anche dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA).

Per questa ragione, Biden ha dichiarato che la decisione del suo predecessore è stata un «grosso errore», in quanto ora «l’Iran è più vicino allo sviluppo di armi nucleari di prima». Ciò ha spinto l’amministrazione Biden a riprendere le trattative per un “nuovo” accordo con Teheran: finora, tuttavia, tutti i negoziati sono falliti, in particolare i colloqui indiretti tra Iran e USA svoltisi a Doha lo scorso mese. Un’agenzia iraniana, infatti, ha riportato che i negoziati sono in stallo, in quanto «gli USA impongono i loro diktat e vogliono bloccare lo sviluppo nucleare iraniano senza garanzie di vantaggi per l’economia del Paese». Un altro punto spinoso che ha impedito di trovare un accordo è il mancato impegno da parte di Washington di rimuovere le Guardie della Rivoluzione dalla lista delle organizzazioni terroristiche, oltre alla richiesta di una garanzia che gli Stati Uniti non possano uscire in futuro da un nuovo eventuale accordo, come fatto nel 2018 da Trump.

Il dossier iraniano – di cruciale importanza per Israele – torna sul tavolo in un momento particolarmente delicato nelle relazioni internazionali, a distanza di pochi giorni dall’annuncio da parte di Teheran di voler inviare droni alla Russia, cosa che rende ancora più netta, se ce ne fosse bisogno, la posizione iraniana di vicinanza a Mosca e di contrasto agli Stati Uniti. Ciò aumenta l’urgenza da parte di Washington di indebolire lo Stato islamico, sebbene il suo maggiore alleato mediorientale, Israele appunto, abbia mantenuto una certa “neutralità” sulla questione ucraina. Il governo di Gerusalemme, tuttavia, non può tollerare il proseguimento del programma nucleare di Teheran, in quanto l’Iran è uno dei più grandi ostacoli nella regione alle mire israeliane sulla Siria. Nel silenzio generale dei media, infatti, sono proseguiti – anche durante l’operazione militare russa in Ucraina – i raid israeliani contro Damasco, con la tacita complicità dell’alleato americano.

Biden ha dichiarato che il Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche rimarrà nell’elenco americano delle organizzazioni terroristiche, sebbene ciò significhi ridurre al minimo ogni possibilità di accordo diplomatico. Il che lascia presagire che USA e Israele si riservino di risolvere la questione anche in modo non diplomatico, considerato che il Presidente israeliano ha dichiarato che «L’unica cosa che fermerà l’Iran è sapere che se continua a sviluppare il suo programma nucleare, il mondo libero userà la forza». Cosa che ha irritato non poco Teheran: il presidente Ebrahim Raisi, infatti, ha fatto sapere che ci sarà una «risposta dura e spiacevole» a «qualsiasi errore» commesso da Washington e dai suoi alleati nella regione.

Crescono, dunque, le tensioni geopolitiche a livello globale con almeno tre punti particolarmente “caldi”: quello est europeo con la crisi ucraina, quello mediorientale con il potenziale scontro tra Iran e USA-Israele e quello cinese con Taiwan: in tutti e tre gli scenari, troviamo centrale il ruolo degli USA, i quali piuttosto che smorzare le tensioni continuano a soffiare sul fuoco. Sia per quanto riguarda l’Iran che Taiwan, infatti, hanno minacciato l’uso della forza. Nel caso in questione, Biden ha ribadito perentoriamente che «l’Iran non può avere armi nucleari».

Pare, dunque, che gli unici a poter detenere armi nucleari, oltre a Washington, siano i suoi alleati: Israele, infatti, è ampiamente riconosciuto come il primo e unico paese del Medio Oriente a possedere armi nucleari. Qualunque altro Stato che tenti di opporsi al potere (e alle armi) di Israele in Medioriente è considerato, invece, uno “Stato canaglia”. Il viaggio di Biden, dunque, è servito a consolidare la strettissima alleanza tra USA e Israele, sancendo l’intenzione comune dei due stati a procedere nel ruolo di autonominati rappresentanti supremi e difensori del cosiddetto “mondo libero” contro i “nemici della democrazia”. Il presidente americano ha quindi affermato che le sue relazioni con Israele «non sono mai state così forti e profonde», in quanto «non devi essere ebreo per essere sionista».

[di Giorgia Audiello]

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