venerdì 22 Novembre 2024

Duecentomila brasiliani portano a processo una multinazionale inglese

Circa duecentomila cittadini brasiliani potranno portare a processo la BHP, ovverosia la multinazionale anglo-australiana che gestiva la diga di Fundão al momento del crollo verificatosi nel 2015. I cittadini potranno infatti chiedere giustizia nei confronti del più grande disastro ambientale mai verificatosi in Brasile rifacendosi ad un tribunale del Regno Unito: a stabilirlo è stata la Corte d’appello britannica, la quale ha sostanzialmente sconfessato una precedente sentenza secondo cui i tribunali inglesi non avrebbero dovuto esaminare il caso.

Intentando la causa, i ricorrenti chiederanno almeno 5 miliardi di sterline (equivalenti a 6 miliardi di dollari) di risarcimento al gigante minerario, che aveva la sua sede in Inghilterra al momento del crollo della diga. “La stragrande maggioranza dei ricorrenti che hanno recuperato i danni ha ricevuto solo somme molto modeste in relazione ai danni morali per l’interruzione dell’approvvigionamento idrico”, si legge a tal proposito nella sentenza, la quale praticamente afferma che il risarcimento pagato in Brasile non fosse adeguato. La giustizia brasiliana, infatti, ha messo da tempo una pietra sulla questione andando ad imporre dei risarcimenti irrisori per le comunità colpite.

Adesso però la giustizia britannica ha riaperto il caso, con una decisione che ovviamente non è stata accolta di buon grado dalla BHP. Un portavoce della società, infatti, ha dichiarato: «Rivedremo la sentenza e considereremo i nostri prossimi passi, che potrebbero includere una richiesta di autorizzazione per ricorrere in appello alla corte suprema». In tal senso, l’azione legale non è ritenuta «necessaria» dalla multinazionale in quanto duplicherebbe «questioni già coperte dal lavoro esistente e in corso della ‘Fondazione Renova’», creata dalla BHP insieme ad altre società per risarcire individui e alcune piccole imprese oltre che per mitigare gli impatti ambientali del disastro. D’altro canto, invece, esulta lo studio legale internazionale PGMBM che difende i ricorrenti, con il global managing partner, Tom Goodhead, che parla di «un enorme passo in avanti».

A prescindere dalle singole posizioni, però, ad essere certo è il fatto che la giustizia farà il suo corso, il che pare alquanto necessario. Si tratta infatti – come anticipato precedentemente – del più grande disastro ambientale nella storia del Brasile. Quando nel 2015 la diga di Fundão crollò, vennero rilasciati rifiuti minerari tossici lungo 400 miglia (640 chilometri) di corsi d’acqua, morirono 19 persone, e vennero distrutti diversi villaggi, rendendo migliaia di individui dei senzatetto e danneggiando i mezzi di sussistenza di altre centinaia di migliaia di persone.

[di Raffaele De Luca]

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