Recentemente sono emersi maggiori dettagli su Neom, il progetto architettonico saudita che dovrebbe dar vita a una nuova, scenografica, megalopoli fatta di palazzi scintillanti e zone economiche speciali. Il The Wall Street Journal ha infatti intercettato dei documenti datati 2021 in cui si analizza nel dettaglio la struttura nota come “La Linea”, un complesso costituito da due grattacieli specchiati alti 488 metri che correranno parallelamente per 120 chilometri, un’opera faraonica con un costo preventivato di un trilione di dollari, ma anche un’idea che difficilmente vedrà la luce.
Che qualcosa non torni è chiaro sin da subito: Neom è la punta di diamante del programma “Vision 2030”, un’iniziativa che mira a rivoluzionare l’economia locale in modo che questa sia meno dipendente dal petrolio, tuttavia le stime ufficiali prevedono che i due condomini potrebbero richiedere fino a 50 anni di lavori prima di essere completati. A loro modo, gli Specchi ci rivelano quindi che la futuristica metropoli ha l’ambizione di trasformarsi in un cantiere perennemente aperto che possa offrire occupazione a un popolo giovane – nel 2020 solamente il 33% della popolazione era over-35 – che altrimenti avrebbe scarse prospettive d’impiego.
Nonostante Neom sia spesso presentata al mondo per la sua verticalità e per la sua ambiziosa scelta di puntare alle zero emissioni, la missione di fondo rimane infatti quella di avviare un sistema finanziario che possa autosostentarsi grazie alla presenza di investimenti esteri. L’Arabia Saudita vuole in qualche modo replicare l’esperimento economico registrato in Cina da Shenzhen, metropoli che si è garantita anni di incessante crescita proprio guardando ai soldi stranieri, tuttavia si tratta di una scommessa rischiosa, soprattutto tenendo conto che il progetto sia già da adesso vittima di numerosi contrattempi.
Per sostenere i piani di crescita voluti dal Principe Mohammed bin Salman, Riyadh ha stanziato 500 miliardi di dollari, tuttavia la tabella di marcia sta accumulando ritardi a causa di un significativo esodo di ingegneri, figure professionali che non si sentono a loro agio nel farsi carico delle responsabilità di realizzazione un progetto tanto ambizioso. «Voglio costruire le mie piramidi personali», avrebbe annunciato il Principe, tuttavia i faraoni non confidavano di edificare le loro tombe promettendo agli stranieri dei dividendi e i finanziatori si stanno chiedendo a chi possano essere destinate delle case che arrivano a costare fino a 400 milioni di dollari l’una.
La chiave per decifrare Neom è però insita nella sua natura flessibile, ovvero nella predisposizione del Governo saudita a modificare strada facendo le sue priorità e i suoi obiettivi. In pratica, i propositi sono alti, tuttavia si può pur sempre scendere a patti con la realtà, qualora non sussistano le condizioni per concretizzare i risultati auspicati. Un esempio effettivo di questo approccio lo si può riscontrare nel programma 10×10 lanciato nel 2005 dall’allora sovrano Abdullah bin Abdulaziz Al Saud, un proposito che mirava a edificare sei diverse città al fine di lanciare entro il 2010 l’Arabia Saudita nella lista delle dieci destinazioni d’investimento più competitive. Tra queste metropoli, la più importante e rilevante è certamente King Abdullah Economic City (KAEC), città che è innegabilmente riuscita ad accattivarsi qualche successo, ma che è ben lungi dal soddisfare i traguardi che si era originariamente prefissata. Piuttosto KAEC è divenuta famosa su scala globale grazie alla descrizione pungente che ne ha fatto il best-seller Ologramma per il re, poi tradotto cinematograficamente con la commedia Aspettando il re, il quale sintetizza con arguzia le molte contraddizioni del potere saudita.
[di Walter Ferri]
Bell’articolo!!