Sebbene la recente sentenza sulla trattativa Stato-Mafia si sia conclusa con l’assoluzione per tutti i rappresentanti istituzionali che se ne fecero carico, con la controversa motivazione che lo fecero “per il bene dello Stato”, dalle carte del processo emergono verità storiche nette ed inquietanti. Tra queste meritano certamente un approfondimento gli ormai appurati legami tra Cosa Nostra e il partito Forza Italia di Silvio Berlusconi. Secondo i giudici, infatti, Marcello Dell’Utri, fondatore e poi senatore del partito, siglò “un deplorevole accordo politico-mafioso” con i membri di Cosa Nostra, incontrando “personaggi mafiosi” nel biennio “1993-1994”, all’epoca della nascita di Forza Italia e del primo governo Berlusconi.
Dell’Utri, imputato insieme agli allora vertici del ROS dei carabinieri e a importanti “uomini d’onore” di Cosa Nostra per “violenza o minaccia a corpo politico dello Stato”, dopo una pesante condanna rimediata in primo grado a 12 anni di carcere, è stato assolto in Appello: non vi è infatti la prova oltre ogni ragionevole dubbio che abbia veicolato all’allora Presidente del Consiglio Berlusconi le minacce mafiose.
“Sono emersi elementi tali da far ritenere che, tra il 1993-1994, Dell’Utri abbia effettivamente incontrato personaggi mafiosi (non solo siciliani) per intessere un patto politico-mafioso nel quale si inserivano anche e, anzi, soprattutto, per quanto emerge in questo processo, gli incontri di Vittorio Mangano [boss del mandamento di Porta Nuova, assunto da Berlusconi come ‘stalliere’ nella sua villa di Arcore negli anni ’70, ndr] con Dell’Utri per ricapitargli i desiderata di Cosa Nostra”, scrivono i giudici nelle motivazioni della sentenza, i quali evidenziano come si sia registrata “una convergenza di interessi tale da portare a votare Forza Italia sempre per il tornaconto dell’organizzazione mafiosa secondo un deplorevole accordo politico-mafioso siglato con Dell’Utri, ma non per questo di tipo minaccioso/stragista”. Infatti, vi sarebbe stata “piena corrispondenza dell’intera Cosa Nostra nella decisione di ‘puntare’ su alcuni politici di quella neo formazione che si proponevano di sostituire la vecchia classe di governo e che, per ciò che Marcello Dell’Utri aveva assicurato, avrebbero portato ad interventi in linea con certe aspettative in tema di riforme normative“. Insomma, Dell’Utri rassicurava i mafiosi sul fatto che, se Forza Italia avesse preso il timone del Paese, le leggi approvate dal governo avrebbero soddisfatto gli auspici dell’organizzazione mafiosa.
Nella tornata elettorale del 1994, infatti, “vi fu chi, come appunto Marcello Dell’Utri, tramava (anche in ambito calabrese) per assicurare certi risultati elettorali dialogando direttamente con gli esponenti mafiosi”. L’ex senatore di Forza Italia avrebbe portato avanti “quest’opera di mediazione per canalizzare il voto mafioso in previsione di assicurare dei vantaggi all’organizzazione” e lo fece “su input, tra gli altri, di Bernardo Provenzano [allora capo di Cosa Nostra, ndr] e Giuseppe Graviano [boss di Brancaccio, organizzatore della strage di Via D’Amelio e delle stragi del 1993, nonché dell’omicidio di Don Pino Puglisi, ndr]”. Il risultato? Il perfezionarsi in Cosa Nostra della scelta “di appoggiare il neo costituito partito politico Forza Italia nella convinzione che, grazie al canale con il suo leader Silvio Berlusconi, garantito dai risalenti e ampiamente sperimentati rapporti con Dell’Utri, si sarebbero potuti ottenere i benefici per i quali tutta l’organizzazione mafiosa si era impegnata sin dalla metà del 1992”. I giudici ricordano infatti come, “sebbene già da alcuni mesi vi fossero stati significativi segnali della ‘discesa in campo’ di Berlusconi, tale partito nasce poi ufficialmente, con l’apporto determinante di Marcello Dell’Utri, proprio negli stessi giorni in cui Giuseppe Graviano, con espressione felice e gioiosa, manifesta a Gaspare Spatuzza [esecutore materiale della strage di Via D’Amelio, ndr] la propria soddisfazione per le prospettive favorevoli all’organizzazione mafiosa che l’affermazione di quel nuovo partito lasciava prevedere”.
Dell’Utri è stato assolto “nonostante il suo pesante coinvolgimento nella fase pre-elettorale ed anche post-elettorale (con delle azioni tali da assumere astrattamente rilievo per una differente fattispecie di reato, tuttavia coperta dall’intangibile giudicato assolutorio di cui si è detto intervenuto per i fatti di cui agli artt. 110 e 416 bis c.p. successivi al 1992)”: l’ex senatore, infatti, è già stato giudicato per concorso esterno in associazione mafiosa e assolto per i fatti successivi al 1992. Quella sentenza, che lo condannò invece per le condotte antecedenti a tale data, attestò che l’allora imprenditore Silvio Berlusconi finanziò continuativamente la mafia palermitana tra il 1974 e il 1992, dopo avere stretto con l’allora capo di Cosa Nostra Stefano Bontate un “patto di protezione”. I versamenti non si interruppero nemmeno quando Bontate venne assassinato e “rovesciato” dai corleonesi di Riina, che presero il potere dopo la seconda guerra di mafia nella prima parte degli anni Ottanta.
[Stefano Baudino]