La corsa al controllo delle materie prime necessarie per le batterie elettriche è iniziata da qualche anno e ha coinvolto Stati e multinazionali. Visto il suo ruolo lungo la strada del futuro, il litio è stato inserito dall’Unione Europea nell’elenco dei 30 materiali critici per importanza economica e rischio di approvvigionamento. Nonostante ciò, la Regione Lazio ha rilasciato – nel silenzio dell’opinione pubblica – alla multinazionale australiana Altamin la prima licenza di esplorazione per litio in salamoia geotermica. Non solo: l’azienda, come annunciato pochi giorni fa, «ha ricevuto dalla Regione Lazio l’esclusione dallo Studio di Impatto Ambientale». Il progetto di esplorazione interessa circa 800 pozzi geotermici dal potenziale ancora sconosciuto.
Lo scopo dell’autorizzazione, a detta dei soggetti coinvolti, è di riattivare un progetto di ricerca affidato a Eni ed Enel tra gli anni 70 e gli anni 90. Si tratta di circa 800 pozzi geotermici perforati tra il sud della Toscana e il nord del Lazio a una profondità compresa tra i 2.000 e i 4.000 metri. I comuni interessati da “siti altamente prospettici di litio nelle salamoie geotermiche” sono diversi, come Campagnano e Ferento. Si tratta di territorio nazionale, dove lo Stato ha massima sovranità, anche in materia di esplorazione ed eventuale successiva estrazione. Tuttavia, in base al Regio Decreto 1443/1927 (misura quasi centenaria di epoca fascista), le regioni possono rilasciare permessi di ricerca e concessioni minerarie di minerali solidi. È il caso della multinazionale australiana Altamin, che in Italia opera con le consociate Energia Minerals Italia e Strategic Minerals Italia con cui porta avanti il Progetto Gorno – per il riavvio della miniera di piombo e zinco in Lombardia – e un piano per la ricerca di cobalto a Usseglio (Piemonte). L’azienda ha presentato nei mesi scorsi istanza alla Regione per il rilascio delle autorizzazioni necessarie a ottenere i permessi di ricerca esplorativa.
Il litio è un materiale molto richiesto ma difficile da reperire. Da gennaio 2021 a oggi, il prezzo del metallo è aumentato del 546%, con previsioni a rialzo, visto i diversi dubbi sulla capacità da parte dell’offerta di soddisfare la domanda prevista per il 2030: circa 2 milioni di tonnellate. Di questi, 1.6 milioni saranno probabilmente destinati alla produzione di batterie di dispositivi elettrici. Per questo motivo, quando il Messico ha deciso di nazionalizzare il litio, diverse aziende attive nel settore (una su tutte Tesla) hanno manifestato le proprie preoccupazioni. In Italia, invece, le multinazionali potranno dormire sogni tranquilli, con Altamin che non ha ancora rivelato le royalties destinate alla Regione Lazio in seguito all’accordo. Chiaramente, i bacini estrattivi di Messico e Italia non sono comparabili dal punto di vista quantitativo, tuttavia la decisione dell’ente minore italiano non può far altro che far riflettere. Anche perché al danno si è aggiunta la beffa: nelle fasi di valutazione dei siti di Ferento, la multinazionale australiana sarà esclusa dallo Studio di Impatto Ambientale, il documento tecnico in cui viene presentata una descrizione approfondita e completa delle caratteristiche del progetto e delle principali interazioni dell’opera con l’ambiente circostante.
[di Salvatore Toscano]