Elon Musk non ci sta più: fare il filantropo in sostegno dell’Ucraina costa troppo e non ha più intenzione di andare in perdita, quindi chiede il sostegno finanziario del Pentagono per mantenere attivi i canali di comunicazione garantiti in loco dai 20 mila terminali satellitari del suo Starlink utilizzati dalle forze ucraine. Informazioni circolate ufficiosamente suggeriscono che negli scorsi giorni si siano già verificati i primi blackout nelle connettività al servizio, una voce che il noto miliardario non si è ancora curato di commentare.
“Non siamo nella posizione di donare altri terminali all’Ucraina o di finanziare i terminali esistenti per un indefinito periodo di tempo”, questa è la risposta che SpaceX, azienda spaziale collegata a Starlink, ha inviato il mese scorso al dipartimento della Difesa statunitense in una missiva finita recentemente nelle mani della CNN. Il costo iniziale subito dall’azienda era stato infatti grandemente ammortizzato da molteplici investimenti esterni – anche da parte del Pentagono stesso –, tuttavia gli oneri del servizio si stanno accumulando rapidamente e all’impresa non piace affatto la prospettiva di subire uscite costanti per un periodo che è tutto meno che definito.
L’8 settembre il Direttore delle vendite governative di SpaceX ha segnalato al Governo USA che il valore dei servizi non retribuiti garantiti a Kiev era ormai in procinto di toccare i 100 milioni, quindi ha chiesto agli ufficiali di farsi carico dei costi previsti fino alla fine del 2022, prevedendo una somma necessaria di circa 124 milioni. SpaceX, Musk e gli avvocati di Musk non hanno tenuto a chiarire la situazione. Quel che è chiaro è comunque che l’eccentrico miliardario sudafricano si sia imbarcato in una goffa crociata politica nella speranza di porre fine alla guerra che sta dilaniando l’Ucraina.
Musk, ricorrendo al suo medium di comunicazione preferito, ha twittato in maniera molto poco diplomatica il proprio punto di vista sul come si debba risolvere la situazione: avviare un referendum a guida ONU per stabilire se le regioni conquistate dalla Russia si vogliano effettivamente annettere, quindi assicurarsi che tutte le parti coinvolte accettino senza rimostranze i risultati. Per la Crimea, area rivendicata da Kiev, nulla da fare, l’imprenditore sostiene con forza che sia da considerarsi russa e che non debba pertanto essere toccata. Si tratta di una prospettiva di contrattazione politica non necessariamente fuori dal mondo, ma che formulata in questa maniera ha immediatamente catalizzato le ire dell’Ucraina, ancor più perché Ian Bremmer, dirigente dell’Eurasia Group, ha esplicitamente accusato Musk di aver aperto un canale di dialogo con Mosca. L’imprenditore ha smentito questo genere di collegamenti, tuttavia la notizia ha nondimeno gettato ombre e sospetti sul suo operato.
Ukraine-Russia Peace:
– Redo elections of annexed regions under UN supervision. Russia leaves if that is will of the people.
– Crimea formally part of Russia, as it has been since 1783 (until Khrushchev’s mistake).
– Water supply to Crimea assured.
– Ukraine remains neutral.
— Elon Musk (@elonmusk) October 3, 2022
Nel frattempo, il Pentagono non ha voluto esprimersi pubblicamente nei confronti delle richieste di SpaceX, una titubanza che evidenzia le incertezze USA – e quindi NATO – sul come gestire il proprio sostegno all’alleato ucraino, il quale sembra ormai tutto meno che intenzionato a trovare una soluzione pacifica all’invasione subita. La presenza di Starlink si è dimostrata un’importante risorsa logistica per i militari di Kiev e un poderoso esercizio di soft power da parte di Washington, tuttavia l’Amministrazione Biden sta probabilmente cercando ora di capire se i costi bellici stanno iniziando a valicare i possibili benefici strategici.
[di Walter Ferri]