Agli occhi della nazione ospitante, i grandi eventi sportivi internazionali fungono spesso e volentieri da lubrificante burocratico per giustificare nuovi e imponenti investimenti, non è dunque raro che per l’occasione intere aree urbane vengano ricostruite integralmente o che i sistemi di trasporto siano rivoluzionati al fine di semplificare i trasferimenti delle masse umane di visitatori. La Coppa del mondo 2022 della FIFA non fa eccezioni e il Qatar sta cogliendo l’occasione per finanziare alcuni ammodernamenti strategici, alcuni dei quali mirano a perfezionare i sistemi della sorveglianza, della difesa e di sicurezza cibernetica della nazione.
La cybersicurezza prima di tutto
Tra le priorità emergenziali emerge la necessità di tamponare tutti gli eventuali attacchi hacker che quasi certamente colpiranno il minuscolo e osteggiato Stato. Doha non vanta infatti il sostegno incondizionato dei poteri a lei confinanti – dal 2017 al 2021 le monarchie del Golfo erano arrivate addirittura a interrompere i rapporti con la nazione –, quindi è lecito pensare che dei Poteri antagonisti possano decidere di intervenire al fine di danneggiarla, direttamente o indirettamente. Nel tentativo di evitare che i criminali possano infliggere danni particolarmente disastrosi, il Governo locale ha messo in campo più di un miliardo di dollari per potenziare la propria sicurezza digitale, una manovra che secondo Tasmu Digital Valley rende il Qatar la nazione mediorientale con la più rapida crescita nel settore della cybersicurezza.
Per andare sul sicuro, Doha ha dunque intensificato le sue Forze di sicurezza informatica approfittando della consulenza di alcuni tecnici provenienti dal Marocco, ma anche facendo affidamento al Project Stadia dell’Interpol, progetto che è stato creato proprio grazie ai soldi qatarioti nel lontano 2012 al fine di tutelare i campionati di calcio del 2022. Coloro che sono vicini all’apparato organizzativo dell’evento sono pronti a giurarlo: la monarchia non ha badato a spese pur di tutelarsi da eventuali figuracce. La cosa non sorprende, il Qatar è tra le nazioni del Golfo che più si sta impegnando a mostrarsi pubblicamente come una località accogliente e disponibile in cui tutto funziona e in cui i turisti più abbienti possono vivere le proprie fantasie senza timore di rappresaglie e inconvenienti, anche se leggera, una possibile breccia informatica esibita in mondovisione non farebbe che incrinare gli sforzi pluridecennali di politica estera su cui la nazione sta ancora oggi puntando.
Un occhio digitale controlla la situazione
La nazione si è dunque assicurata di sorvegliare ogni confine e ogni stadio in modo da inibire l’accesso all’evento a tutti quei soggetti che potrebbero essere considerati problematici. Come spesso capita in questi contesti, non si parla solamente di terroristi, ma anche di diversi ultras, i quali si trovano in una black list condivisa che gli impedisce di comprare i biglietti per le partite. Un fenomeno più atipico si è registrato piuttosto in quel del Regno Unito, nazione che ha deciso di confiscare preventivamente il passaporto a 1.300 dei suoi tifosi maggiormente sfrenati. In ogni caso, gli otto stadi che ospiteranno i match calcistici saranno sottoposti alla vigilanza complessiva di più di 15.000 telecamere ad altissima definizione, le quali sono virtualmente capaci di catturare un’immagine nitida di tutti gli ospiti seduti in tribuna. Non solo, gli strumenti sono inoltre alimentati da algoritmi di riconoscimento facciale, tecnologia che si integra alla perfezione con la Hayya Card sviluppata dal Ministero dell’interno, ovvero con un certificato digitale obbligatorio che si ottiene registrando il proprio passaporto in un database che verrà preservato per “almeno tre mesi”.
La sorveglianza biometrica si estenderà dunque anche alle strade pubbliche, un vero e proprio sistema di controllo massivo che per dimensioni e portata si è trovato a dover fare affidamento a molteplici ditte appaltatrici tra cui NEC, azienda che ha già prestato i suoi servizi alla Coppa del mondo 2014 e alle Olimpiadi di Tokyo 2020. Alcune fonti suggeriscono che la russa NtechLab, impresa fornitrice di algoritmi di riconoscimento facciale per la Coppa del mondo del 2018, avesse aperto un canale di contrattazione per partecipare al progetto, tuttavia l’indiscrezione non è mai stata confermata ufficialmente e le parti coinvolte si sono rifiutate di chiarire la questione, ancor più ora che la situazione geopolitica fa guardare con sospetto tutto ciò che nasce sotto il cappello di Mosca. Le fonti di Biometric Update sostengono che l’intero impianto sarà tenuto in funzione dalle stesse infrastrutture di Rete messe in campo da Huawei per ottimizzare le connessioni 5G al fine di garantire migliori esperienze digitali ai visitatori in arrivo, ma anche in questo caso i protagonisti delle indiscrezioni hanno rifiutato di commentare. Sebbene il riconoscimento facciale sia ormai da anni uno strumento di sicurezza integrato in tutti i grandi eventi sportivi, è chiaro che gli strumenti dispiegati e i legami politici sviluppati in questo periodo sono destinati a durare nel tempo. In tal senso, proprio Huawei ha lanciato già molteplici programmi universitari in Qatar al fine di assicurarsi che gli informatici del futuro creino legami diretti con la realtà aziendale in questione, cosa che a sua volta andrà a cementare gli interessi condivisi delle due nazioni.
Il volo dei droni
Per quanto riguarda la sicurezza militare, Doha si è assicurata di mettere in campo ogni tipo di drone attualmente a disposizione delle Forze dell’ordine. Si parla perlopiù dei DroneHunters forniti dalla Fortem Technologies, strumenti capaci di lanciare reti e paracadute con cui ostacolare aeromobili a pilotaggio remoto (UAV) comandati da ignoti, tuttavia a ridosso della Coppa del mondo il Qatar ha anche gettato le basi di una collaborazione duratura con Ankara. Il Governo turco si è impegnato a fornire personale alla nazione amica, nazione alla quale aveva in passato già venduto dei droni Bayraktar TB2, ovvero lo stesso modello adoperato in Ucraina contro le truppe russe. Secondo gli informatori del The Arab Weekly, i redivivi legami diplomatici con la Turchia dovrebbero quindi consolidarsi ulteriormente grazie al co-finanziamento del progetto Akıncı Tiha, uno schema di ricerca che dovrebbe portare alla creazione di un “carro armato volante” capace di trasportare armi di diversa natura.
a Monarchia sarebbe stata ben lieta di mettere le mani anche sui Reaper americani, tuttavia gli USA guidati da Joe Biden si sono sempre dimostrati restii a cedere simili armi ai Paesi mediorientali e del sud-est asiatico, quindi tutto da a intendere che su quel frangente le trattative si siano arenate senza troppe evoluzioni. Una simile mancanza viene parzialmente compensata dalla presenza europea, con l’incubatrice qatariota di tecnologie militari Barzan Holdings che si è trovata a unire le forze con la tedesca Rheinmetall per creare una serie di UAV in un programma che alcune fonti identificano con il nome di “Hale Project”. Dal canto italiano, Roma ha messo a disposizione del Qatar il sistema anti-drone ACUS, un attuatore elettromagnetico fisso, e degli attuatori jammer portatili della Ditta CPM Elettronica s.r.l., apparecchi attraverso i quali è possibile disturbare il volo degli strumenti elettronici grazie all’uso di impulsi che interferiscono con la loro funzionalità. Alle spalle dell’evento sportivo emergono quindi fitti legami politici e interessi finanziari internazionali che non si fanno problemi a sfruttare la convivialità del contesto per portare avanti i propri obiettivi di crescita. A onore del vero, bisogna riconoscere che questo sia comunque un panorama che si ripropone tristemente ogni volta che un evento pubblico di grandi dimensioni richiede l’imposizione draconiana di strumenti di sicurezza.
[di Walter Ferri]