Favorire un confronto costruttivo su come è stata affrontata la crisi pandemica con l’obiettivo di trarre insegnamenti che siano utili a migliorare la gestione di eventuali nuove emergenze: è questo il senso del “POLI-COVID-22”, un congresso che in questi giorni si sta tenendo nella città di Torino al quale erano stati invitati anche alcuni membri dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e dell’ex Comitato Tecnico Scientifico (CTS). Secondo quanto comunicato dagli individui alle spalle del convegno, l’organizzazione dell’evento aveva infatti coinvolto fin da subito – integrandoli nel Comitato Scientifico – alcuni esponenti dell’ex CTS e dell’ISS, ma nonostante ciò a due settimane dallo svolgimento del congresso è stata improvvisamente comunicata dai relatori dell’ISS e da altri da loro indicati la rinuncia a partecipare alla conferenza, con la motivazione che la stessa avrebbe dato spazio a punti di vista diversi sulla pandemia e che una parte degli altri relatori confermati non sarebbe stata all’altezza dei fini prefissi. Una decisione, quella appena menzionata, che inevitabilmente ha generato rammarico negli organizzatori, non solo per la non concretizzazione di una cruciale occasione di confronto ma anche per la conseguente perdita della sede originaria: il Politecnico di Torino.
Vista la defezione in massa da parte dell’importante componente sopracitata, il 16 novembre il Rettore del Politecnico di Torino ha infatti deciso di revocare il patrocinio inizialmente concesso, lasciando agli organizzatori pochi giorni per trovare la nuova sede dell’evento, che sarebbe dovuto iniziare lunedì 21 novembre e terminare venerdì 25. Un’impresa alquanto ardua che però gli organizzatori sono riusciti a compiere, rifacendosi ad una sede privata sita sempre nella città di Torino e facendo svolgere ugualmente l’evento nelle date stabilite nonostante la rinuncia dei soggetti sopracitati e la non risposta da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco da cui – secondo quanto comunicato dagli organizzatori – non si è ricevuto alcun riscontro all’invito a partecipare al congresso. È dunque per tutti questi motivi che Martina Pastorelli, membro del Comitato Scientifico, ha parlato di «boicottaggio pienamente riuscito», sottolineando come il confronto sia stato «negato» ed «il dialogo, quello di cui il paese oggi ha un disperato bisogno, sottratto».
Eppure il convegno, il primo in ambito scientifico a tracciare un bilancio multisettoriale della pandemia, verte su argomenti di fondamentale importanza ed è ricco di ospiti autorevoli. Esso, infatti, non solo è stato suddiviso in cinque aree tematiche di lavoro e studio – biologia, medicina, diritto, bioetica, sociologia e comunicazione – ma vanta la presenza di diversi scienziati e studiosi di fama mondiale (tra cui i professori John Ioannidis, Peter Doshi, Tom Jefferson e Sunetra Gupta), che hanno accettato l’invito a parteciparvi. Del resto, per rendere l’idea, tra i tanti argomenti da trattare compare non solo quello delle conseguenze sociali delle misure adottate per contrastare il Covid, ma anche il fondamentale tema dell’efficacia e degli effetti avversi di breve e medio-lungo termine della vaccinazione nonché quello delle terapie domiciliari. Insomma, un programma ampio e variegato indispensabile per perseguire il fine riportato sul sito dell’evento, quello appunto di “favorire un’occasione di confronto costruttivo su come è stata affrontata questa crisi, a partire dalle misure messe in atto per contrastare la diffusione del virus e della loro ricaduta a livello sanitario, etico e sociale”, con l’obiettivo – come detto – di “trarre insegnamenti che siano utili a migliorare la gestione di nuove emergenze”.
Per perseguire tale scopo – come comunicato dagli organizzatori – i partecipanti daranno dunque vita ad una discussione aperta, franca, plurale e non preconcetta, come la scienza richiede. Un dibattito al quale, però, i membri istituzionali non parteciperanno, nonostante il fatto che si sarebbe trattato non solo di un’occasione unica per effettuare un confronto costruttivo sulla risposta all’emergenza sanitaria, ma anche per eventualmente smentire dati alla mano le opinioni critiche di tanti ricercatori sulla gestione pandemica.
[di Raffaele De Luca]
… un atteggiamento che forse era facile aspettarsi. Nutrivo e nutro comunque una speranza (non il ministro), che si possa arrivare ad un confronto costruttivo e pacificatore su tutto quello che abbiamo vissuto in questi ultimi anni. Capire quello che è successo, valutare i risultati a fronte delle decisioni prese. Confrontarsi sulle varie ipotesi è alla base dello sviluppo. Ed invece no. Non ci si vuole confrontare forse per paura di dover ammettere che si è sbagliato o ancora peggio per dover confessare i veri motivi per cui sono state fatte certe scelte.
Sembra ormai evidente che il covid è stato lo strumento per sperimentare ben altro: obbedienza, controllo sociale, accettazione delle discriminazioni, riduzione delle libertà individuali e collettive, disinformazione ecc.ecc. e ovviamente terapie sperimentali che permetteranno ai produttori di farmaci di risparmiare decenni di trials e miliardi di dollari, guadagnandoci due volte.
Concordo in ogni parola. Mi permetto di aggiungere, nel suo “ecc. ecc.” quindi, che le finalità di questa élite, oramai ben nota, tranne che alle cronache della “massa vaccina dormiente” saranno, a mio avviso, ancora più tenebrose e di sofferenza generale. Leggasi: malattie e sterilità diffusa, dipendenza/schiavitù psico-farmaceutica, svuotamento della volontà individuale, drastica diminuzione della popolazione (Vedi Cina di questo fine dicembre 2022). E non vorrei qui accennare ai terribili influssi sul lato “sottile/animico” individuale dei vaccini e di certi psicofarmaci. Fortunatamente, in alcuni ambienti e per certi autori e ricercatori, tutto ciò inizia ad essere seriamente considerato. Certamente, non da chi ha una concezione esclusivamente meccanicistica/materialista dell’essere e della vita.
Mi piacerebbe sapere quanti, di questa cricca di dottori, governanti, membri di istituti e manager di società farmaceutiche, che naturalmente non accettano nessun tipo di confronto, siano consapevoli ed in malafede in questa opera criminale planetaria.
Coda di paglia si diceva una volta…
Una palese dimostrazione di inaffidabilità e di irresponsabilità.
Del resto conferma la regola vista e sentita in questi ultimi anni.
Ma la cosa ancora più inquietante è che la massa segue e crede rigorosamente alle loro fandonie.
… i membri istituzionali non parteciperanno, nonostante il fatto che si sarebbe trattato non solo di un’occasione unica per effettuare un confronto costruttivo sulla risposta all’emergenza sanitaria…
Beh, questa è la loro indiretta risposta sull’argomento. Scegliere di non confrontarsi è sinonimo di fallimento; in campo medico, sociale, economico.
Un conto è pontificare davanti ad una telecamera senza contraddittorio e un conto è comportarsi da vere persone di scienza e accettare il confronto; conigli!