Sempre più nazioni stanno cercando di smarcarsi dal dominio finanziario del dollaro americano. È quanto riferisce l’autorevole media economico statunitense Bloomberg, il quale scrive nero su bianco che «il Re Dollaro sta affrontando una rivolta». Alcune delle più grandi economie del mondo stanno, infatti, esplorando dei modi per aggirare la valuta americana, mentre le aziende di tutto il mondo stanno vendendo una parte senza precedenti del loro debito nella divisa locale, diffidenti nei confronti di un ulteriore rafforzamento del dollaro. Allo stesso tempo, «la vendita di obbligazioni denominate in dollari da parte di società non finanziarie è scesa al minimo storico del 37% del totale globale nel 2022».
L’uso strumentale del dollaro come arma finanziaria come reazione dell’amministrazione statunitense all’invasione russa dell’Ucraina, infatti, ha indotto molti Stati ad adottare valute locali negli scambi commerciali e, soprattutto, ha velocizzato il processo delle grandi potenze emergenti, come Russia e Cina, nell’elaborazione di un sistema bancario internazionale di pagamenti alternativo allo SWIFT, quest’ultimo gestito dagli Stati Uniti. Russia e Cina, ad esempio, stanno promuovendo le loro valute per i pagamenti internazionali, anche attraverso l’uso della tecnologia blockchain. La Russia, come è noto, ha preteso il pagamento delle forniture energetiche in rubli invece che in dollari o euro, ma anche l’India comincia a parlare apertamente di internazionalizzazione della rupia: proprio questo mese, infatti, ha iniziato a garantire un meccanismo di pagamento bilaterale con gli Emirati Arabi Uniti. Allo stesso tempo, anche Bangladesh, Kazakistan e Laos hanno intensificato i negoziati con la Cina per aumentare l’uso dello yuan. Sono solo alcune delle iniziative volte a sostituire il dollaro negli scambi commerciali bilaterali.
Tuttavia, uno dei più grandi passi avanti nella direzione della de-dolarizzazione è stato fatto con il viaggio del presidente cinese Xi Jinping in Arabia Saudita che ha segnato l’inizio della “guerra finanziaria” totale a Washington andando ad intaccare l’egemonia del biglietto verde proprio laddove gli americani, ormai cinquant’anni fa, avevano dato vita al meccanismo dei petrodollari, ora potenzialmente e progressivamente sostituibile da quello del petroyuan. La Cina utilizzerà lo yuan per il commercio del petrolio, attraverso la Shanghai Petroleum and National Gas Exchange, ha detto Xi Jinping, invitando le monarchie del Golfo persico ad aderire all’iniziativa. La visita del presidente cinese a Riad non rappresenta solo una svolta sul piano finanziario, ma anche su quello degli equilibri geostrategici: con la firma di accordi bilaterali per almeno 30 miliardi di dollari, infatti, il partenariato tra Cina e Arabia Saudita sposta l’asse geopolitico portante verso le potenze emergenti dell’Eurasia allontanandolo da Washington, il tutto ben distante dalle fanfare mediatiche. Rimanendo sul piano finanziario, inoltre, è di ieri la notizia – riportata dall’agenzia di stampa Reuters – per cui la Russia sarebbe intenzionata ad acquistare yuan sul mercato valutario l’anno prossimo se i ricavi del petrolio e del gas soddisferanno le aspettative, dando così un ulteriore impulso al processo di de-dollarizzazione.
Secondo l’esperto di investimenti e presidente del Millenium Wave Advisors – con più di tre decenni di esperienza nei mercati finanziari – John Mauldin, l’amministrazione Biden ha fatto un errore nello strumentalizzare il dollaro e il sistema globale di pagamenti: «Ciò costringerà gli investitori non statunitensi e le altre nazioni a diversificare le loro partecipazioni al di fuori del tradizionale rifugio sicuro degli Stati Uniti», ha affermato Mauldin. Più in generale, l’uso strumentale del biglietto verde ha incentivato buona parte del mondo non occidentale a cominciare a picconare la sua egemonia. Ma ad accelerare il processo di abbandono del dollaro e del sistema finanziario occidentale è stata soprattutto l’esclusione della Russia dal sistema Swift, mossa che Parigi ha descritto come “arma nucleare finanziaria”. L’azione, infatti, «ha allontanato la maggior parte delle principali banche russe da una rete che facilita decine di milioni di transazioni ogni giorno, costringendole invece ad appoggiarsi alla propria versione molto più piccola».
Le sanzioni occidentali alla Russia hanno alimentato le preoccupazioni di Cina e India, ma anche degli Stati del Golfo Persico, circa l’uso politico del dollaro, inducendo l’India a sviluppare un proprio sistema di pagamenti interno simile allo Swift. Anche Iran e Russia – le nazioni più colpite dalle sanzioni occidentali – avevano già stabilito un proprio sistema di pagamenti: nello specifico, l’Iran adotterà il sistema di pagamento russo Mir. Il sistema di carte Mir è stato introdotto dalla banca centrale russa nel 2015, dopo che MasterCard e Visa sono state costrette dal regime di sanzioni statunitensi a interrompere le attività con diverse banche russe.
Sebbene il processo atto a erodere l’egemonia del dollaro sia ancora lungo, esso appare sempre più inevitabile pur nella sua gradualità: fino a pochi anni fa, infatti, nessuno avrebbe pensato che fosse possibile esplorare sistemi di pagamento alternativi scavalcando il dollaro e lo Swift che sostengono il sistema finanziario globale. Come scrive Bloomberg, dunque, «il Re Dollaro potrà ancora regnare per i decenni a venire, ma lo slancio crescente per le transazioni in valute alternative non mostra segni di rallentamento […]. E la volontà del governo statunitense di usare la sua valuta nelle battaglie geopolitiche ironicamente può indebolire la sua capacità di perseguire tali metodi in modo altrettanto efficace in futuro». In questo processo, la “crisi ucraina” è stata determinante e, secondo il ministro delle Finanze indonesiano, Sri Mulyani Indrawati, essa, insieme alle sanzioni alla Russia, «fornirà una lezione molto preziosa» perché molte nazioni hanno capito che possono effettuare transazioni direttamente usando la loro valuta locale. Si tratta, dunque, dell’inizio del tramonto del potere del biglietto verde che si accompagna ai cambiamenti tellurici in atto sul piano degli equilibri strategici internazionali.
[di Giorgia Audiello]