venerdì 22 Novembre 2024

La lotta dei cittadini di Trieste contro la nuova ovovia

La città di Trieste si è dimostrata compatta e determinata nel tentativo di bloccare lo sviluppo di un progetto per una cabinovia nuova di zecca ma dalle innumerevoli criticità. In questi giorni, il Comitato No Ovovia – contrario all’impianto voluto dal Sindaco di centrodestra Roberto Dipiazza – ha scelto infatti di intraprendere vie legali. Per sostenere i costi giudiziari richiesti, ha inoltre invocato l’aiuto della cittadinanza lanciando una campagna di raccolta fondi, il cui obiettivo di 10mila euro è stato raggiunto in appena un giorno. «Il tempo è poco – spiega il comitato – ma mai come adesso abbiamo bisogno di risorse per avviare i ricorsi giudiziari contro un’opera che rappresenta un danno irrimediabile per il territorio, oltre che un’enorme spreco di risorse pubbliche con il costo dell’opera che è lievitato a quasi 62 milioni di euro». Con i fondi raccolti, in particolare, verranno sostenute le legittime opposizioni dei residenti e verrà predisposto un ricorso al TAR in relazione al piano di fattibilità tecnica ed economica. I cittadini hanno poi in mente di avanzare un esposto alla Corte dei conti per accertare la sussistenza di un possibile danno erariale, e uno all’Autorità nazionale anticorruzione, per valutare il rispetto degli obblighi di trasparenza.

Il progetto nel mirino della cittadinanza triestina è finanziato con i fondi europei dei Piani di ripresa e resilienza: un intervento di “sviluppo e potenziamento del trasporto rapido di massa” sostenuto economicamente con 48 milioni di euro del PNRR. Tuttavia, oltre a dei costi esorbitanti, la cabinovia tanto voluta dall’amministrazione comunale presenta anche dei concreti impatti ambientali. Come spiegavano già a luglio scorso i cittadini contrari, in particolare, vi è il concreto rischio di infrazione del decreto ministeriale in materia di “Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (Zsc) e a Zone di protezione speciale (Zps) della Rete ecologica Natura 2000”. Tale norma, vieta l’installazione di impianti a fune nelle aree inserite in detta Rete di aree protette ma il progetto, se così realizzato, ne toccherebbe ben due. Allo stato attuale, in barba alla sostenibilità tanto sbandierata con il PNRR, la realizzazione del progetto comporterebbe inoltre l’abbattimento di oltre 1000 alberi, 1142 per la precisione. Segnalato poi, sempre in relazione agli interventi, diretti e collaterali, necessari alla realizzazione della cabinovia, un aumentato rischio di dissesto idrogeologico per l’area interessata.

A tale evidente insostenibilità, si somma poi una certa inutilità, il che rende ancor più inspiegabile l’accelerazione del comune per dar vita a tale sistema di trasporto su fune. Il progetto, per come è stato presentato, presenta infatti una scarsa integrazione con la rete di trasporti esistente, senza contare un’intrinseca e frequente riluttanza sociale per la ‘mobilità sospesa’. I cittadini però non hanno intenzione di arrendersi e, nel mentre, propongono delle alternative. Come hanno fatto tutte le altre grandi città in relazione ai fondi PNRR per la mobilità sostenibile, ad esempio, avanzano l’ipotesi di un tram-treno, meno impattante e decisamente più utile per i cittadini. “Siamo per una moderna linea che attraversi il Porto Vecchio e lo colleghi con il centro città lungo la riva del mare. Su questo – aggiunge il Comitato – vorremmo un confronto con il Comune”. Richiesta ad oggi tuttavia inascoltata. Nel frattempo, l’iter per la realizzazione dell’opera è andato avanti spedito grazie all’approvazione del progetto di fattibilità tecnico-economica e la conseguente pubblicazione del bando di gara. Secondo le prime indiscrezioni, a dar vita all’opera sarà il colosso italiano degli impianti a fune Leitner.

[di Simone Valeri]

 

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