domenica 24 Novembre 2024

Ex Ilva, bugie nel processo per negare i danni ambientali: 6 rinvii a giudizio

Mariano Buccoliero, pubblico ministero di Taranto, ha firmato l’avviso di chiusura delle indagini nei confronti di sei testimoni – un ex consulente della Procura, due dirigenti Ilva, l’ex vescovo di Taranto, la dipendente di una stazione di servizio e un giornalista- , accusati dalla Corte d’Assise di aver mentito o aver raccontato una verità parziale in merito al processo ‘Ambiente Svenduto’, aperto nel 2016 per le emissioni nocive causate dall’ex Ilva durante la gestione Riva.

Tra i sei presunti falsi testimoni spicca il nome di Vito Balice, chimico industriale ed ex consulente della Procura per un’indagine del 2009. Secondo la Corte avrebbe “reso una testimonianza falsa” poiché le informazioni riferite in aula non combacerebbero con quelle indicate precedentemente nella sua relazione. Nel documento dell’epoca, infatti, consegnato alla Procura che in quel periodo indagava sulle emissioni dell’ex Ilva, Balice scriveva che “le polveri raccolte nei deposimetri erano compatibili con quelle depositate presso i parchi minerali Ilva”. Una versione ritrattata in aula: qui l’ex consulente attribuisce quelle polveri alla “Cementir”, un cementificio situato a pochi metri dalla fabbrica, un ‘ripensamento’ rinnegato a sua volta («Non ho tirato in ballo il cementificio, ho fatto solo un esempio») durante l’interrogatorio subìto da Balice per mano di uno degli avvocati di parte civile.

Un tira e molla che non ha convinto i Giudici, insospettiti tra l’altro dal fatto che alcune intercettazioni avessero pizzicato più volte l’ex consulente a intrattenere rapporti con Girolamo Achinà, ex dirigente dello stabilimento condannato a più di vent’anni di carcere. “Dalle intercettazioni è emerso chiaramente come Balice si sentisse frequentemente con Archinà e frequentasse con regolarità lo stabilimento”, si legge nella sentenza.

Tra gli indagati per false dichiarazioni c’è anche monsignor Benigno Papa, ex vescovo di Taranto, che ha fornito una versione della storia sulla donazione di 10mila euro fatta da Archinà nel 2010 piena di lacune e incongruenze. Parole confuse, quelle del Prelato, ritenute per questo dalla Corte inattendibili. Pare infatti che quel denaro fosse in realtà una mazzetta destinata a Lorenzo Liberti, un altro ex consulente della procura condannato a 15 anni e 6 mesi di carcere. Sono accusati di falso anche Ivan Dimaggio e Angelo Lalinga, due ex dirigenti Ilva, l’impiegata della stazione di servizio dove, secondo l’accusa, ci fu lo scambio di soldi tra Archinà e Liberti e il giornalista Pierangelo Putzolu, accusato di aver negato di conoscere la vera identità di Angelo Battista, un finto personaggio inventato da Archinà per scrivere e diffondere note sulle questioni ambientali a favore di Ilva.

La notizia della chiusura delle indagini è arrivata in concomitanza con quella dell’incontro del Ministro delle imprese e del made in Italy Adolfo Urso con il Sindaco e Presidente della Provincia di Taranto Rinaldo Melucci, che sancisce l’avvio di un percorso di collaborazione. Quest’ultimo, con l’aiuto della Regione Puglia e delle altre amministrazioni competenti, dovrebbe portare alla definizione di un accordo di programma per la riqualificazione e la riconversione dell’ex Ilva, in ottica green. Tale progetto dovrebbe prevedere la chiusura delle fonti inquinanti della fabbrica dell’acciaio, la decarbonizzazione, la riconversione industriale ed economica dell’area di Taranto, la riqualificazione e la tutela dei lavoratori.

Intanto, per gli indagati ritenuti complici del disastro ambientale che ci ha portato fino a qui, sono previsti ancora 20 giorni di tempo – dal momento della notifica – per chiedere di essere interrogati o presentare degli atti che forniscano la propria versione dei fatti. L’ultima parola, però, spetterà al PM Buccoliero.

[di Gloria Ferrari]

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