La scorsa settimana sulla piccola isola di Lampedusa è stata registrata l’ennesima impennata di sbarchi, con 4800 persone giunte tra il 13 e il 19 febbraio. La conseguenza è stato l’inevitabile (ed ennesimo) collasso della struttura di prima accoglienza, che ha una capienza massima di 400 persone. Nella mattinata di sabato, in particolare, sono stati registrati 3850 presenti, un numero di circa 10 volte superiore alla capacità dell’hotspot. A fronte della breve durata della permanenza nella struttura, atta unicamente a identificare i migranti in arrivo e al loro smistamento sul resto del territorio, numerose associazioni hanno denunciato le condizioni inumane e degradanti nelle quali i migranti vengono a trovarsi. Non a tutti è infatti stato possibile garantire un’adeguata assistenza medica, mentre molti hanno dovuto saltare i pasti e dormire all’esterno della struttura, a fronte delle rigide temperature di questi giorni. Una donna di 30 anni è morta per circostanze che risultano ancora da chiarire. L’arrivo di un alto numero di migranti sull’isola non costituisce certo una novità: si tratta, casomai, di una regolare tendenza attestata ormai da anni, se non da decenni. Eppure nessun governo, nemmeno quello attuale, sembra avere intenzione di porre seriamente rimedio alla cosa, preferendo servirsi della questione degli sbarchi per fini politici.
Il numero di migranti che arrivano sulle nostre coste sulle navi ONG, ormai si sa, è residuale: a fronte del gran clamore mediatico che scatena qualche centinaia di persone salvate in mezzo al Mediterraneo, sono decisamente più numerosi gli sbarchi che avvengono in altre forme, le quali non si prestano tuttavia ad una strumentalizzazione politica. Così, la notizia del “collasso” dell’hotspot di Lampedusa ritorna ciclicamente ad occupare le prime pagine dei giornali, come se si trattasse di una situazione eccezionale mai verificatasi in precedenza. Eppure, la struttura spesso e volentieri si trova nella situazione di dover accogliere un numero di persone di molto superiore alla propria capienza massima. Se si guardano le foto scattate da ASGI (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione) all’interno del centro nell’estate 2022, la situazione appare pressoché identica a quella della scorsa settimana. Questo al netto di blocchi navali, dirottamento delle navi ONG su porti molto lontani dai luogo di salvataggio, chiusura dei porti e ogni altra iniziativa messa in atto da questo governo e quelli precedenti nel combattere la “lotta contro l’immigrazione clandestina”. Una delle poche soluzioni che sembrano efficaci per risolvere il problema, ovvero investire e potenziare il sistema di accoglienza, non è stata di fatto mai messa in campo.
A completare il quadro della malagestione dell’emergenza si aggiungono poi le numerose irregolarità riscontrate a carico della cooperativa Badia Grande, la quale attualmente gestisce l’hotspot di Lampedusa, dopo aver vinto la gara d’appalto da 2,9 milioni di euro. Secondo quanto riportato in un documento della prefettura di Agrigento, infatti, sono state “contestate irregolarità” e irrogate “numerose sanzioni all’Ente gestore proprio in merito alle reiterate irregolarità” ed è “in via di definizione la procedura per lo scioglimento del vincolo contrattuale“. Il rappresentante legale della cooperativa, Antonio Manca, risulta inoltre rinviato a giudizio dalla procura di Bari per i reati di frode in pubbliche forniture, falso e truffa ai danni dello Stato, per i quali la cooperativa è stata esclusa dalle gare d’appalto per la gestione del CPR di Milo-Trapani e per quello di Bari-Palese. Insieme a lui risultano rinviati a giudizio anche la direttrice del CPR di Bari-Palese Marianna Bello, dipendente della cooperativa, il rappresentante legale dell’associazione Paceco Soccorso, Giovanni Cimino, cui Badia Grande aveva appaltato i servizi di assistenza medica e sanitaria presso il CPR e il medico responsabile del CPR Antonino Tartamella, afferente a Paceco Soccorso. Nei documenti si legge che l’assistenza medica garantita all’interno delle strutture era tanto scarsa da “esporre gli ospiti, i lavoratori e i terzi a grave rischio di contrarre malattie infettive“.
Nel giro di soli due mesi nell’hotspot hanno perso la vita tre persone: l’ultima, una donna di circa trent’anni, è morta improvvisamente lo scorso sabato. Solamente il giorno prima era stata visitata dal medico dell’ambulatorio. «Non era mai successo» in un arco temporale così breve, ricorda in una lunga lettera l’arcivescovo di Agrigento, don Alessandro Damiano, che ribadisce la necessità di adottare «scelte politiche coraggiose». Per le quali sarebbe necessaria una classe politica adeguata.
[di Valeria Casolaro]
No non sono d’accordo!! Il problema dell’Italia NON è potenziare il sistema di accoglienza ma MODIFICARE il sistema di accogienza. Sono purtroppo conscio di vivere in una Nazione di FONDAMENTALISTI, per la sinistra gli immigrati sono tutti angeli,per la destra gli immigrati sono tutti delinquenti! Il fatto è che invece bisogna bloccare i criminali di altri Paesi che vogliono venire a delinquere qui (ci bastano i nostri) e cercare in tutti i modi di INTEGRARE gli altri. E l’integrazione non può avvenire nelle strutture di accoglienza tipo Lampedusa ma nemmno negli hotel. Basterebbe COPIARE dalla Germania: a ogni immigrato dai una casa (grande secondo il nucleo familiare) e dei soldi,in questo modo già per il solo fatto che deve fare la spesa,pagare le utenze, ecc si INTEGRA con la società italiana e si evitano virate verso la piccola delinquenza che troppo spesso succedano. Poi si formano questi immigrati verso lavori manuali (idraulico,elettricista,fabbro,falegnam,muratore) in modo che hanno una professionalità non legata alla lingua e possono lavorare anche in altri Paesi. Bisogna che in questo Paese maturiamo e cominciamo ad affrontrae i problemi in modo STRUTTURALE, non fondamentalista….
A Lampedusa insieme ai migranti metterei l’intera politica della comunità europea ,crimunali
Non riusciamo, da decenni, a fermare quattro barchini ma pretendiamo di fermare l’esercito russo.