giovedì 21 Novembre 2024

Scuole superiori: da Bologna inizia una nuova ondata di occupazioni

A Bologna la protesta nelle scuole superiori si allarga e i collettivi occupano. All’IPSAS Aldrovandi Rubbiani, occupato una decina di giorni fa, si sono aggiunti i licei Minghetti, Sabin e Copernico. Diverse iniziative di autogestione e affini sono poi in programma all’IIS Aldini Valeriani e nei licei Laura Bassi, Righi e Galvani. L’interruzione delle lezioni ha come obiettivo il “voler denunciare un modello di istruzione che ci distrugge e che ci fa percepire la scuola come una vera e propria gabbia”, scrivono i collettivi. Lo strappo non è totale con i presidi e gli insegnanti, vista la mediazione previa e l’auspicio di una collaborazione successiva al periodo di occupazione. «Prenderemo atto del loro disagio» ha dichiarato la preside del liceo Copernico Fernanda Vaccari, aggiungendo che «molto già facciamo, ad esempio abbiamo aumentato le ore dello psicologo».

“Il fortissimo disagio psicologico che si avverte tra le mura scolastiche” è l’oggetto della mobilitazione che sta interessando centinaia di studenti a Bologna. Le occupazioni non vogliono rappresentare uno strappo totale ma un punto di ripartenza comune a studenti, professori e dirigenti. «Siamo convinti che le motivazioni possano essere condivise, almeno in buona parte, anche da voi docenti. Per questo auspichiamo che ciò possa creare al di là di fisiologiche differenze di vedute un senso di collaborazione e solidarietà con gli studenti occupanti», scrive il collettivo del liceo Copernico, aggiungendo che qualsiasi attività estemporanea extra programmi, come l’organizzazione di «momenti di confronto sui temi che più ci stanno a cuore», sarà ben accetta.

L’importanza della salute mentale all’interno delle scuole è entrata di prepotenza all’interno del dibattito pubblico. La discussione parte dal basso  e non incontra una risposta adeguata da parte delle istituzioni centrali, che lo scorso ottobre hanno lanciato un messaggio chiaro istituendo il ministero dell’”Istruzione e del Merito”. Non crescita o conoscenza ma merito. Un termine chiaro, che pone in rilievo la corsa individualistica al conseguimento di un titolo piuttosto che la valorizzazione del percorso. Una corsa che spesso genera frustrazione e malessere, piantando un seme pericoloso: l’idea del fallimento totale come conseguenza della perdita di terreno nei confronti dello spietato sistema dell’istruzione dell’eccellenza.

[di Salvatore Toscano]

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

Articoli correlati

4 Commenti

  1. Non hanno mosso ciglio questi studenti dopo le discriminazioni più incredibili, in dispregio di ogni legge umana, oltre che della costituzione.
    Anzi si sono messi in coda come pecore per farsi manipolare perfino nella loro biologia.
    E ora, con il governo Meloni ovviamente, fanno okkupazione per il disagio psicologico.

    Risescono a inscenare solo proteste perfettamente gradite al regime.
    Adesso otterranno lo psicologo scolastico e il sei politico con gli esamini a quiz.

  2. Dopo aver frequentato due università in Italia (Perugia e Roma) ho mollato gli studi. Mi sono poi trasferita negli Stati Uniti dove in neanche quattro anni ho preso una laura in business. La mole di apprendimento in termini di varietà, livello di interesse e effettiva utilità e’ stato molto più considerevole, ma la mole di lavoro e stress decisamente ridotta. Il programma di studi e’ diviso in semestri (non annuale), classi sono piccole e il un professore ti parla guardandoti , risponde alle domande e incoraggiava il dibattito nei momenti in cui lo ritiene uno strumento necessario alla comprensione e alla padronanza del soggetto affrontato.
    In Italia mi ricordo solo le spalle di un professore di cattedra pagato fior di soldi che arrivava, riempiva la lavagna di parole o formule e se ne andava lasciandoti con domande a cui un povero neolaureato assistente doveva rispondere e che puntualmente evitava di fare per due ragioni: le classi erano di di 50 o 100 studenti e lui era non pagato.

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

Articoli nella stessa categoria