giovedì 12 Dicembre 2024

I G7 annunciano l’accelerazione verso la fine dell’era fossile, ma senza scadenze

Sì al ridimensionamento dell’utilizzo delle fonti inquinanti come il carbone, ma senza definire una data di scadenza entro cui dare un’accelerata definita alla transizione energetica. È quello che ha stabilito Il ‘Gruppo dei Sette’, cioè i sette maggiori Stati economicamente più avanzati del Pianeta – tra cui l’Italia, rappresentata da ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin e la viceministra Vannia Gava – riunitisi il 15 e 16 aprile in Giappone (a Sapporo) per il G7. Seppur considerato uno degli incontri più importanti per quanto riguarda clima e ambiente, i risultati raggiunti sono piuttosto deludenti.

Se infatti da una parte su alcuni temi la discussione si è fatta più o meno concreta – il ministro dell’Ambiente giapponese, Akihiro Nishimura ha detto che il gruppo ha stabilito di intraprendere azioni per porre fine all’inquinamento da plastica entro il 2040 – dall’altra su certe scadenze si è faticato a raggiungere un accordo. Nonostante la spinta di Gran Bretagna e Francia a porre fine all’utilizzo di energia a carbone che non compensa le sue emissioni, entro il 2030, alcuni membri, tra cui il Paese ospitante e gli Stati Uniti si sono detti contrari per via delle forniture energetiche globali ancora in crisi a causa della guerra in Ucraina.

Siamo sicuri che la motivazione sia solo questa? Tenendo conto che il Giappone è uno dei maggiori finanziatori di centrali a carbone nel suo continente, ed è la prima tra le nazioni del G7 per fondi destinati al combustibile fossile, va da sé che è negli interessi del Paese affossare la transizione verde o, perlomeno, rimandarla il più possibile. Nonostante i pareri contrari, degli obiettivi climatici comunque esistono già – quelli stabiliti dai precedenti accordi, come quello di Parigi firmato nel 2015 per contenere il surriscaldamento climatico al di sotto dei 2 gradi Celsius – e vanno rispettati lo stesso. Almeno in teoria. C’è per esempio l’intenzione di azzerare le emissioni entro il 2050, ma il problema è principalmente uno: come fare a raggiungere la meta senza che i maggiori Paesi inquinanti riducano l’utilizzo di combustibili fossili?

Se decarbonizzare certi ambiti pare fuori discussione – almeno per ora – per altri, come quello dell’automobile, l’attenzione è sembrata più alta – sarà in vista della scadenza del 2035 per la messa al bando dei motori a diesel e benzina – ma confusa e sottoposta alle ritrosie di molti Paesi, Italia in testa. Durante l’incontro si è infatti discusso dell’importanza dell’utilizzo dei biocarburanti, un combustibile ottenuto in modo indiretto dalle biomasse quali ad esempio grano, mais e olio di palma, per aiutare la decarbonizzazione del settore auto. Un’apertura che se da una parte fa gola all’Italia – che ne è produttrice – dall’altra crea un certo scompiglio. È vero che, migliorandone tecnica e strategia, il biocarburante può mitigare l’impatto ambientale del settore auto, ma nei mesi scorsi l’Unione europea l’ha escluso dai suoi piani. A quanto pare il G7 no, per la soddisfazione di Pichetto Fratin, per cui serve al più presto «far ripartire il dialogo con i Paesi europei per arrivare con dati scientifici certi alle soluzioni migliori». Che non siano l’esclusione del ‘suo’ biocarburante.

Nel complesso, tuttavia, l’incontro di questi giorni ha lasciato spazio anche a discussioni sull’energia pulita. Si è detto ad esempio di voler aumentare la capacità eolica offshore di centocinquanta gigawatt entro il 2030 e la capacità solare oltre il terawatt entro la stessa data. Insomma l’intenzione di allontanarsi dai combustibili fossili a livello globale pare ci sia. Non è chiaro però né il quando né il come.

[di Gloria Ferrari]

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