venerdì 22 Novembre 2024

Il sistema alimentare è già nelle mani di un gruppo ristretto di multinazionali

Ad oggi, il sistema alimentare mondiale risulta essere già dominato da un piccolo gruppo di aziende multinazionali. Ad affermarlo, gli esperti del gruppo Ipes-Food che in un rapporto intitolato Who’s Tipping the Scales? (‘Chi fa pendere la bilancia?’) hanno anche misurato questo divario impressionante. Nel dettaglio, è emerso, quattro grandi aziende controllano il 62,3% del settore dell’industria chimica per l’agricoltura, mentre altre quattro hanno pieno potere sul 60,5% del mercato dei prodotti farmaceutici per la zootecnia. Inoltre, tra le prime dieci multinazionali che commerciano materie alimentari di base, le prime quattro dominano le vendite con una percentuale del 66,8%. Alla luce dei fatti, a detta dei redattori dell’analisi, bisogna riflettere su questa situazione ora e una volta per tutte. Il risultato di un tale oligopolio è infatti “una crescente presenza delle imprese nei processi e negli spazi di governo“, hanno scritto gli autori. Una dinamica che – hanno aggiunto – “ha creato una nuova normalità, dove pochi governi sollevano dubbi e il coinvolgimento delle imprese nelle decisioni passa inosservato e non viene problematizzato”.

Nel complesso, si è evidenziata una sempre più efficace attività di consolidamento delle imprese multinazionali. Le principali fusioni degli ultimi decenni – come quelle tra Kraft e Heinz, Dow e Dupont, Anheuser Busch InBev e SABMiller – portano ad esempio ad un significativo aumento delle loro quote di mercato, a plasmare i mercati dei prodotti che vendono, nonché a creare barriere che rendono veramente difficile ad altre aziende competere. Inoltre, i grandi gruppi del settore alimentare sono in grado di destinare elevate somme di denaro alla ricerca e allo sviluppo, di capitalizzare grazie alla protezione di brevetti e altre forme di diritti di proprietà intellettuale e di abbassare i prezzi pagati ai fornitori nonostante un incremento dei prezzi per i consumatori. In ultimo, via via che le imprese crescono in dimensione, attirano maggiori investimenti finanziari e acquisiscono la capacità economica per concentrare ulteriormente il proprio potere economico. Potere monetario che si traduce poi presto in potere politico. Allo scopo di comprendere come questi grandi gruppi riescano ad ‘infiltrarsi’ negli ambiti istituzionali internazionali, gli autori del documento hanno raccolto informazioni derivanti dalla revisione della letteratura scientifica, da documenti e da interviste con personalità della società civile. In generale, l’enorme disponibilità finanziaria consente alle aziende di esercitare una certa influenza sui responsabili politici attraverso il finanziamento di campagne elettorali, ricerca scientifica e mediante la sponsorizzazione di annunci pubblicitari.

Il risultato sono le sempre più numerose iniziative di collaborazione tra pubblico-privato. In questo senso, basti pensare al partenariato della FAO con CropLife, un’organizzazione attiva nel settore dei fitofarmaci che include tra i suoi membri diverse grandi aziende agroalimentari. Questo legame ha ad esempio concesso alle multinazionali una via privilegiata di accesso ai tavoli dei decisori e la possibilità di migliorare o ripulire la propria reputazione. Nonostante dei timidi tentativi di limitare il potere delle aziende – come dei Principi guida delle Nazioni Unite o il processo di elaborazione di un trattato ONU vincolante sulle imprese transnazionali e i diritti umani – le pressioni esercitate dalle multinazionali sono ancora in grado di compromettere l’ambiente, il clima e persino la salute pubblica. Ad esempio, certe decisioni – come l’etichettatura informativa sulla confezione degli alimenti o le tasse sui prodotti ultra lavorati e sulle bevande zuccherate – lasciano ancora la possibilità ai privati di intervenire su base volontaria. Allo stesso modo, decisiva può essere la pressione per evitare regole che impongano alle aziende di assumersi la responsabilità, legale o finanziaria, laddove le loro pratiche causino danni a terzi o agli ecosistemi naturali.

[di Simone Valeri]

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