Il ministero degli esteri inglese ha appena declassificato una serie di documenti scottanti rimasti fino ad oggi riservati. Si tratta di carte dalla portata esplosiva riguardanti il possibile ruolo giocato dall’organizzazione paramilitare Gladio negli anni del terrorismo in Italia, il supporto operativo che essa avrebbe ottenuto dagli 007 anglosassoni e le implicazioni legate ai presunti condizionamenti dell’intelligence dietro alla morte di Aldo Moro. Sullo sfondo, si stagliano le ombre sulla P2 di Licio Gelli, loggia massonica che avrebbe partecipato in prima linea alla “strategia della tensione”. Il quadro, anche alla luce delle recenti sentenze che hanno appurato il ruolo operativo di massoneria deviata e servizi segreti negli attentati che hanno insanguinato l’Italia negli “anni di piombo”, prende sempre più forma. Un altro fatto troverebbe conferma nei documenti, in cui si legge che “non è un segreto” che il governo USA offrì “un occasionale sostegno alla P2 e, in alcuni casi, anche ad atti di terrorismo in Italia”.
La strategia della tensione
Per “Strategia della tensione” si intende l’insieme delle operazioni eversive cui avrebbero partecipato gli apparati di sicurezza italiani sotto l’influenza della CIA, attraverso il ruolo attivo di logge massoniche, gruppi neofascisti organizzati per la lotta armata e organizzazioni paramilitari clandestine. Tra queste, spiccherebbe Gladio, struttura segreta dotata di compiti di “stay behind”, la cui missione apparente era quella di respingere l’Armata Rossa in caso di invasione sovietica. Lo stesso Giovanni Falcone, poco prima di morire – come dimostra il contenuto dei diari sopravvissuti all’opera di manomissione dei suoi appunti, avvenuta poco dopo la strage di Capaci – aveva posto la sua lente d’ingrandimento su Gladio, manifestando l’intenzione di indagare sul presunto ruolo che avrebbe avuto dietro ad alcuni omicidi eccellenti. L’obiettivo della strategia della tensione è riassumibile in uno slogan: “destabilizzare per stabilizzare”, ovvero contribuire a produrre tensioni sociali tramite attacchi terroristici per instillare paura e senso insicurezza nei cittadini, al fine di “sgonfiare” il consenso politico delle sinistre e le ambizioni governative del Pci, aprendo la strada ad un governo autoritario.
Le ombre su Gladio
Proprio su Gladio si sofferma uno dei documenti desecretati, che riguarda un aide-mémoire redatto da Francesco Fulci, rappresentante permanente dell’Italia all’ONU, condiviso in una riunione “super-ristretta” del 6 novembre 1990 del Consiglio Nord Atlantico, principale entità decisionale politica della NATO, e poi trasmesso ad alti funzionari inglesi in patria e all’estero. L’esistenza di Gladio era stata riconosciuta davanti al Parlamento solo due settimane prima, il 24 ottobre 1990, dal Presidente del Consiglio italiano Giulio Andreotti, che aveva parlato di una «struttura di informazione, risposta e salvaguardia». Sulla base di una nota fornita dallo stesso Andreotti al “capo della Commissione parlamentare italiana che indaga sugli atti terroristici”, l’aide-mémoire evidenzia che, dopo la seconda guerra mondiale, i servizi segreti occidentali idearono “mezzi di difesa non convenzionali, creando nei loro territori una rete nascosta di resistenza volta ad operare, in caso di occupazione nemica, attraverso la raccolta di informazioni, il sabotaggio, la propaganda e la guerriglia”, iniziando a concepire l’organizzazione nel 1951.
Le condizioni per l’operazione, denominata in codice “Gladio”, furono stabilite sulla base di un “accordo” raggiunto “il 26 novembre 1955” tra “il Sifar (Servizio Informazioni Militare Italiano) e un corrispondente Servizio alleato” concernente “l’organizzazione e le attività di una ‘rete clandestina post-occupazione’, comunemente nota come “stay behind“. Nel documento si legge che Gladio “era formata da agenti attivi nel territorio che, in virtù della loro età, sesso e attività”, potevano “ragionevolmente evitare l’eventuale deportazione e carcerazione da parte degli occupanti stranieri; facile da gestire anche da una struttura di comando al di fuori del territorio occupato; a livello top secret e quindi suddivisa in ‘cellule’ così da ridurre al minimo eventuali danni causati da defezioni, incidenti o penetrazioni nella rete”. Le varie diramazioni dell’organizzazione coprivano operazioni di “informazione, sabotaggio, propaganda, comunicazioni radio, cifratura, ricezione ed evacuazione di persone ed equipaggiamenti”. Tali strutture dovevano “operare in modo autonomo, con collegamenti e coordinamento assicurati da una base esterna“.
I “materiali operativi” utilizzati avrebbero compreso “armamenti portatili, munizioni, esplosivi, bombe a mano, pugnali, coltelli, mortai da 60 mm, pistole da 57 mm, fucili ottici, trasmettitori” ed erano nascosti in 139 depositi sotterranei segreti in tutto il Paese. “Per migliorare la sicurezza”, si legge nella memoria, nell’aprile del 1972 questi arsenali “furono riesumati e trasferiti negli uffici dei Carabinieri vicino ai siti originali”. Interrogato dai partecipanti al vertice del Consiglio Nord Atlantico, che domandarono “se Gladio avesse deviato dai suoi obiettivi” di “stay behind“, pur “non potendo aggiungere nulla a quanto contenuto nell’aide-mémoire”, Fulci confermò che “le armi utilizzate in alcuni episodi terroristici provenivano da depositi predisposti da Gladio“.
Il rapimento Moro
Nonostante la pervasiva campagna anticomunista promossa da attori ufficiali e da altre entità “sommerse”, negli anni Sessanta il Pci è in grande crescita. Alle elezioni del 1963 supera per la prima volta il 25%, nel 1968 tocca il 30% per poi ottenere, nel 1976, addirittura il 34,4%. Sono gli anni in cui si pongono le basi del compromesso storico, operazione politica che vide come grandi protagonisti il leader Pci Enrico Belringuer e il segretario della Democrazia Cristiana Aldo Moro (volto più importante della fazione di centro-sinistra del parito) che si concretizzò, di fatto, nell’appoggio esterno garantito dai comunisti al governo monocolore Dc di Solidarietà Nazionale formato nel 1976 e guidato da Giulio Andreotti. Poi, il 16 marzo 1978, tutto si arenò in occasione del rapimento di Aldo Moro e dell’uccisione di cinque delle sue guardie del corpo. Lo stesso Moro sarebbe stato giustiziato dai brigatisti nemmeno due mesi dopo. Alle elezioni del 1979, le prime dopo il caso Moro, il Pci perderà molti punti.
Una nota declassificata del 5 novembre 1990 del Foreign Office, redatta dall’allora ambasciatore britannico a Roma, John Ashton, offre un ampio spaccato sulla questione. “Ci sono prove circostanziali che uno o più rapitori di Moro erano segretamente in contatto con gli apparati di sicurezza all’epoca; e che questi ultimi hanno deliberatamente trascurato di seguire le piste che avrebbero potuto condurre ai rapitori e salvare la vita di Moro”, dichiarava Ashton, che sottolineava al contempo come “la maggioranza del comitato di crisi dell’allora ministro dell’Interno Francesco Cossiga era iscritto – a quanto pare a sua insaputa – alla P2”, loggia massonica inquadrata come una delle tante “misteriose forze di destra” che si sforzavano “con il terrorismo e la violenza di strada di provocare un contraccolpo repressivo contro le istituzioni democratiche italiane” nell’ambito della strategia della tensione.
“La teoria del complotto – scrive ancora Ashton – vuole che le Forze di sicurezza abbiano orchestrato l’uccisione di Moro, o almeno vi abbiano acconsentito; e che a loro volta abbiano agito per i loro padroni politici, e forse anche per la CIA”. Quale che sia la verità, l’ambasciatore mette in luce come Moro avesse “convinto” i comunisti che il loro appoggio esterno al governo Andreotti “sarebbe stato l’ultimo passo prima del loro ingresso al governo”: ciò sarebbe stato “un anatema per la P2, che allora controllava virtualmente l’apparato di sicurezza, per molti politici dell’establishment non appartenenti alla P2 e anche per gli Stati Uniti”. Chiudendo la nota, Ashton osserva che “la verità sul coinvolgimento di Washington negli ‘anni di piombo’” in Italia “probabilmente non sarà mai conosciuta”, sebbene non sia un segreto “che gli Stati Uniti abbiano fornito per molti anni un sostegno occulto agli oppositori italiani del comunismo, ad esempio finanziando segretamente la Democrazia Cristiana” e offrendo “un occasionale sostegno alla P2 e, in alcuni casi, anche ad atti di terrorismo in Italia”.
[di Stefano Baudino]
La non ingerenza deli USA sta a questa vicenda come la scoperta che i sabotatori del NorthStream erano polacchi…
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