Il Governo islandese ha dichiarato pubblicamente la sospensione della caccia alle balene in quanto incompatibile con il benessere animale e la tutela della biodiversità. Per ora la sospensione varrà solo a fine agosto, coprendo la stagione di caccia di quest’anno (che va da metà giugno a metà settembre). Ma appare improbabile che le navi si rimetteranno in mare dopo il blocco. «Questa attività non può continuare in futuro se le autorità e i titolari delle licenze non possono garantire il rispetto dei requisiti essenziali di tutela animale», ha dichiarato il Ministro dell’Alimentazione, dell’agricoltura e della pesca Svandis Svavarsdottir.
Quella della caccia alle balenottere è una tradizione che il Paese conserva ormai da moltissimi anni, nonostante un lungo blocco imposto da una moratoria durato dal 1986 al 2006. In Islanda esiste solo una compagnia, la Hvalur, in possesso della licenza per cacciare, che le consente di uccidere fino a 209 balenottere comuni e 217 balenottere minori, una specie più piccola. Molte altre aziende, invece, hanno deciso pian piano di abbandonare il settore, considerato non più redditizio come un tempo. Il mercato della carne di balena, infatti, non è più così diffuso, neppure tra i turisti. Secondo un recente sondaggio, pubblicato all’inizio di giugno, la metà degli islandesi si è detta contraria alla caccia, contro il 29% favorevole – costituito principalmente da votanti over 60.
In tutto il mondo tale pratica è rimasta ancora in vita solo in Islanda, Norvegia e Giappone – che ha ripreso la caccia nel 2019 -, Paesi che hanno continuato imperterriti a proseguire nell’attività nonostante le critiche di ambientalisti e difensori dei diritti degli animali. Questi ultimi, tra l’altro, ritengono che la decisione del Governo dovrebbe divenire permanente visto che «non esiste un modo umano per uccidere una balena in mare», come ha dichiarato Ruud Tombrock della Humane Society International. «Le balene affrontano già così tante gravi minacce negli oceani, come inquinamento, cambiamenti climatici, intrappolamento nelle reti da pesca, che porre fine alla crudele caccia commerciale è l’unica conclusione etica».
Già nel 2020 circa 350 scienziati e ambientalisti provenienti da 40 paesi avevano firmato una lettera di protesta indirizzata alle nazioni che hanno nei loro mari balene, delfini e focene, animali che rischiano di scomparire per sempre. Mark Simmonds, ricercatore dell’Università di Bristol, nel Regno Unito e coordinatore del movimento, scriveva che «bisogna rendersi conto che le balene sono in pericolo e tutti dovrebbero cercare di correre ai ripari con un’ondata di azioni: legislatori, scienziati, politici e le persone comuni».
Di fatto, come ha rivelato un enorme studio condotto da un gruppo di ricercatori americani, sono circa 3 milioni le balene morte nell’ultimo secolo a causa della caccia per scopi commerciali.
[di Gloria Ferrari]
Mi chiedo: la sedia elettrica è un modo “umano” per uccidere un essere umano? Vorremmo forse uccidere una balena a morsi, come farebbero le orche o con le bombe di profondità come per i sommergibili? Se, giustamente, non dobbiamo “sfruttare” per scopi puramente economici l’ Animale è invece più corretto “sfruttare”, per scopi altrettanto economici, l’Uomo? Mi pare che certi articoli scritti sotto il cocente sole di fine giugno rientrino nella categoria ” è ora di andare in vacanza”.