giovedì 21 Novembre 2024

Le vittime della guerra in Ucraina in confronto alle altre guerre

A 500 giorni dall’invasione russa del 24 febbraio 2022, l’Ufficio dell’Alto commissario Onu per i diritti umani ha diffuso la conta delle vittime del conflitto. Si conterebbero 9.177 civili uccisi, tra cui 494 bambini: questi quelli accertati, quindi assai probabile che il numero reale sia superiore. Rispetto al 2022, quest’anno la quantità delle vittime appare in diminuzione, ma un nuovo picco è stato evidenziato nei mesi di maggio e giugno. Gli osservatori hanno infatti dichiarato che le ultime due settimane sono state tra le più letali dall’inizio del conflitto. Un dato che, nella sua tragicità (e parzialità), appare comunque ancora lontano da quelli prodotti dai conflitti che hanno insanguinato il globo negli ultimi decenni.

Dal 24 febbraio 2022 al 30 giugno 2023, l’Onu ha registrato in totale 25.170 vittime civili in 1.504 insediamenti in Ucraina, frutto della somma del numero dei morti e di quello dei feriti accertati (che sono quasi 16mila). Il 61% di essi sono di sesso maschile. Le Nazioni Unite hanno attestato che la maggior parte dei decessi è stata prodotta dagli attacchi missilistici che hanno colpito centri cittadini e villaggi in tutto il Paese. Il dato non è definitivo, poiché numerose segnalazioni di singole vittime civili in una serie di località del Paese – come Mariupol (Donetsk), Lysychansk, Popasna e Sievierodonetsk (Lugansk), risultano ancora in attesa di una conferma ufficiale. I morti civili, seppur in misura minore, si contano però anche in territorio russo: a tal proposito, l’Onu parla di un totale di 287 vittime civili, in cui figurano 58 morti e 229 feriti.

«Oggi purtroppo abbiamo passato una nuova triste pietra miliare in una guerra che continua a causare terribili perdite fra i civili in Ucraina», ha dichiarato Noel Calhoun, vicepresidente del Gruppo di monitoraggio dei Diritti umani in Ucraina delle Nazioni Unite. Lo stesso ha poi aggiunto che il numero di perdite fra i civili, in nemmeno un anno e mezzo di guerra, risulta essere tre volte superiore a tutte quelle prodotte dallo strisciante conflitto che, dal 2014, ha preceduto l’invasione del febbraio 2022.

La guerra è ancora in corso e non è possibile prevedere che tipo di impatto avrà nei prossimi mesi sulla popolazione civile, almeno in confronto ai dati registrati sino ad ora, né per quanto tempo si protrarrà. Ma possiamo analizzare i dati emersi dal monitoraggio degli altri conflitti scoppiati negli ultimi lustri. Rispetto alla guerra in Iraq, per esempio, esistono numerose stime: uno studio su Lancet, ad esempio, ha contato 600.000 decessi nel periodo dal 2002 al 2006; un’altra ricerca, pubblicata su New England Journal of Medicine, riferita alla medesima fase, ha partorito una stima di 151.000 decessi. Sulla stessa linea Iraq Body Count, che sostiene che le vittime civili in due decenni abbiano oscillato fra 187.000 e 210.000, con un picco di oltre 26.000 nel solo 2006. Per quanto riguarda invece i casi di Afghanistan e Pakistan, i dati del Watson Institute della Brown University parlano rispettivamente di 47.245 e 24.099 vittime civili tra il 2001 e il 2021.

Numeri da capogiro sono poi quelli riferiti alla guerra in Siria. Secondo un report dell’UNHR, si stima che in dieci anni, tra il 2011 e il 2021, a causa del conflitto siano stati uccisi 306.887 civili, “con un intervallo credibile di circa il 95%”. Vi è dunque una probabilità del 95% che il numero reale di morti tra i civili sia compreso tra le 281.443 e le 337.971 unità. Molto pesante è anche il bilancio del conflitto in Yemen, in cui si contano circa 20.000 vittime civili. Il dato aumenta del 60% se si prendono in considerazione le vittime indirette del conflitto, ovvero le persone – tra cui sono presenti moltissimi minori – che hanno perso la vita per incidenti stradali, parti, malnutrizione, patologie non curate e mancanza di farmaci. L’Agenzia per lo sviluppo dell’Onu, commentando i dati riferiti all’anno 2021, ha attestato che “ogni 9 minuti è morto un bambino di meno di 5 anni”.

[di Stefano Baudino]

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