L’isola di Pasqua, situata nell’Oceano Pacifico, è diventata l’obiettivo di un ambizioso programma di riforestazione. Il progetto ha già favorito la messa a dimora di 2.000 alberi, ma il piano è arrivare a 120.000 entro la fine del 2024. L’iniziativa fa parte di un più ampio progetto finalizzato a rendere l’isola resistente ai cambiamenti climatici, il tutto accompagnato da un significato simbolico e di riscatto: l’Isola, un tempo rigogliosa, è stata vittima di un processo di sovrasfruttamento delle sue risorse fino al punto che l’ecosistema collassò e i suoi abitanti furono decimati.
L’Isola di Pasqua, nota anche con il suo nome indigeno Rapa Nui, è un’isola vulcanica della Polinesia che appartiene politicamente al Cile. È nota per i suoi misteriosi Moai: enormi teste di tufo scolpite dagli indigeni tra il XIII e il XVI secolo. Nello stesso periodo l’Isola subì un’improvvisa deforestazione che portò alla distruzione dell’ecosistema: scomparvero le specie animali e vegetali e, grazie anche all’arrivo dei colonizzatori e quindi delle malattie, la popolazione indigena fu decimata. Il progetto di piantumazione ha preso il via il 28 luglio, quando più di cento persone tra istituzioni, volontari, turisti e operatori della Corporaciòn nacional forestal cilena (CONAF) si sono riuniti sull’Isola per piantumare i primi 2mila dei 120mila alberi, nel più ambizioso progetto di riforestazione mai realizzato nella zona. L’amministrazione cilena di Valparaíso ha investito più di 776 milioni di pesos (840mila euro) per finanziare l’iniziativa. La tabella di marcia prevede di concentrarsi sulle zone a maggior rischio erosione con lo scopo di difendere il territorio dall’impatto dei cambiamenti climatici. Aggravata dai periodi di siccità alternati a rare piogge torrenziali, l’erosione è infatti il principale fattore che compromette la biodiversità e l’ecosistema dell’Isola.
Il piano di riforestazione dell’Isola di Pasqua assume un ruolo ancora più importante nel contesto di devastazione ambientale che i piccoli paesi e arcipelaghi del mondo sono costretti ad affrontare: le isole come quella di Rapa Nui, essendo scarsamente popolate ed urbanizzate, contribuiscono in maniera infinitesimale sull’ambiente ma, d’altra parte, sono le prime ad essere colpite dagli eventi climatici catastrofici. Nel suo discorso al summit del SAMOA Pathway, il programma d’azione dedicato allo sviluppo degli Stati con piccole isole per il decennio 2014-2024, il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha sottolineato: «Benché contribuiscano molto poco, praticamente nulla, al riscaldamento del pianeta, i piccoli Stati insulari in via di sviluppo pagano un prezzo forte. A causa del loro status di Paesi a medio reddito, molti sono imprigionati in un ciclo accelerato e insostenibile di catastrofe e debito. Il mondo deve intervenire e fermare tutto questo. È tempo di prendere grandi decisioni e di realizzare dei grossi investimenti nei piccoli Stati insulari in via di sviluppo. Le soluzioni esistono ed è tempo di metterle in atto. I piccoli Stati insulari in via di sviluppo sono in prima linea per la protezione e conservazione degli oceani che sono il motore del nostro pianeta».
[di Roberto Demaio]