Il 32% delle acque di mari e laghi, esaminate in 18 diverse Regioni dello stivale dai volontari di Legambiente, si sono rivelate inquinate. È quanto emerge dall’ultimo report pubblicato dall’associazione ambientalista a margine delle campagne itineranti “Goletta Verde” e “Goletta dei Laghi 2023”, effettuate da giugno a inizio agosto. Tra i punti più problematici ci sono le foci dei fiumi, canali e corsi d’acqua che si immettono nei mari o nei laghi.
Nello specifico, su un totale di 387 campioni prelevati nelle acque marine e lacustri d’Italia, ben 124 su 387 (quasi uno su tre) sono risultati oltre il limite di legge. Oggetto dell’indagine è stata la concentrazione nelle acque di parametri di tipo microbiologico, tra cui Enterococchi intestinali ed Escherichia coli. Sono stati considerati come “inquinati” i campioni in cui almeno uno dei due parametri ha travalicato il valore limite previsto dalle leggi sulle acque di balneazione vigenti in Italia (Dlgs 116/2008 e decreto attuativo del 30 marzo 2010) e “fortemente inquinati” quelli in cui almeno uno dei parametri ha superato la soglia per più del doppio.
Gli operatori di Legambiente hanno evidenziato le preoccupanti condizioni del mare italiano, che ogni 78 km vede un punto oltre i limiti di legge. Dopo i prelievi, svolti in 262 diversi luoghi (per il 49% alle foci e per il 51% direttamente in mare), si è attestato che il 36% del campione si pone oltre la soglia normativa: il 30% è stato considerato “fortemente inquinato”, il 6% è stato invece inquadrato come “inquinato”. Altro fattore allarmante è la scarsa informazione offerta ai bagnanti che accedono alle spiagge. Infatti, soltanto nel 15% dei punti esaminati dai volontari è stato trovato il cartello recante le informazioni sulla qualità delle acque, obbligatorio per legge. Nessuna segnalazione in merito alla criticità del punto e al conseguente divieto di balneazione era presente nel 73% delle foci oggetto della ricerca.
Anche la situazione delle acque dei laghi non è delle migliori. L’esame dei campioni prelevati (nel 48% dei casi presso le foci di canali e corsi d’acqua sfocianti nei laghi e nel 52% nelle acque lacustri), ha dimostrato che il 23% – ovvero 29 su 125 – è fuori dai limiti previsti per legge. Il dato è più preoccupante quando ad essere esaminati sono i campioni recuperati presso canali e corsi d’acqua (33%), mentre si abbassa in quelli prelevati direttamente nei laghi (14%).
«La maladepurazione resta un’emergenza cronica del nostro Paese e, oltre a minacciare mare, laghi e biodiversità, costerà centinaia di milioni di euro nei prossimi anni, a causa del pagamento di multe che l’Europa non ci condonerà», ha evidenziato il presidente di Legambiente Stefano Ciafani, commentando i risultati del report. Secondo Ciafani è essenziale «che il Governo Meloni lavori a un piano nazionale per la depurazione nominando al più presto il nuovo commissario per la depurazione che oggi manca ancora all’appello. Occorre completare i lavori della rete impiantisca e prevedere più risorse, perché i fondi specifici previsti dal Pnrr pari ai 600 milioni non sono sufficienti, come ha sottolineato anche la Commissione Europea».
Legambiente ha inoltre messo l’accento sulle serie difficoltà incontrate dall’Italia nell’adempimento degli obblighi imposti dalla direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane, con un tasso di conformità pari al 56% (la media europea è superiore di 20 punti percentuali). Per questo, lo scorso giugno il nostro Paese – giudicato non pienamente adempiente alla sentenza della Corte dell’aprile 2014, che aveva stabilito che 41 agglomerati urbani non avevano garantito la raccolta e il trattamento adeguati delle acque reflue urbane – era stato infatti nuovamente deferito alla Corte di giustizia dell’UE. 5 di questi agglomerati, uno in Valle d’Aosta e 4 in Sicilia, sono infatti ancora fermi al palo. In seguito al richiamo, le autorità italiane avevano fatto sapere che “la piena conformità alla sentenza del 10 aprile 2014 non sarà raggiunta prima del 2027”.
[di Stefano Baudino]
È tutto scandaloso, ma soprattutto il fatto che ciò che preoccupi maggiormente siano le sanzioni che comminerà l’EU e non lo scempio ambientale che stiamo perpetrando.