Indicibili intrecci tra imprenditoria e criminalità organizzata, crescita esponenziale dell’economia sommersa, ma anche intimidazioni mafiose ai danni di giornalisti e sindacalisti a colpi di arma da fuoco, in cui ad agire da burattinai sono uomini d’affari in giacca e cravatta: c’è tutto questo nella nuova maxi-inchiesta contro la ‘ndrangheta della Direzione distrettuale antimafia di Venezia, che ha puntato la sua lente di ingrandimento sul pericoloso binomio tra mafia e colletti bianchi in un’area dello stivale che, almeno a detta delle autorità, negli ultimi decenni sembrava essersi difesa piuttosto bene dall’opera di “colonizzazione” messa a punto dal crimine organizzato nel Nord Italia.
Mentre Cosa Nostra allunga i suoi tentacoli su Venezia, le aree del territorio euganeo in cui gli ‘ndranghetisti stanno progressivamente mettendo radici sono, in particolare, quelle delle province di Padova e Verona. In seguito alle operazioni «Taurus 1» e «Isola Scaligera» andate in scena nel 2019, con questa inchiesta, denominata «Taurus 2», si alza lo sguardo sugli intensi legami intessuti tra imprenditori e mafiosi calabresi. La mappa delle infiltrazioni della ‘ndrangheta trova il suo fulcro a Verona, con numerose diramazioni nelle altre province, in cui i malavitosi operano attraverso reati tipici della criminalità organizzata: racket, sequestri, rapine, truffe, violenze private, minacce, false fatture. Dalle carte emergono inoltre significativi dettagli su pesanti “spedizioni punitive” che sarebbero state concepite da gestori di aziende, i quali a tale scopo si sarebbero avvalsi di alcuni membri del clan Arena-Nicoscia.
Nell’ambito dell’inchiesta, le persone accusate di associazione mafiosa sono in tutto 25, ma per reati diversi rischiano di essere mandate a processo anche altri 23 soggetti. Tra questi, il nome più pesante è sicuramente quello del vicentino Alberto Filippi, eletto parlamentare nelle file della Lega alle elezioni del 2006 e a quelle del 2008 (poi espulso dal partito e confluito nella Destra di Storace e, successivamente, in Fdi, senza però ricoprire incarichi pubblici), che è anche titolare di un’azienda di prodotti chimici a livello industriale, la Unichimica. Filippi si sarebbe “avvalso” degli uomini delle cosche a scopi personali nella cornice di due inquietanti vicende. In base a quanto ricostruito dall’accusa, l’ex senatore sarebbe infatti il mandante dell’attentato perpetrato contro l’ex direttore del Giornale di Vicenza, Ario Gervasutti, avvenuto il 16 luglio 2018. I pm scrivono infatti che Filippi “ha incaricato, dandogli un compenso in denaro, Santino Mercurio (altro indagato) di compiere un atto intimidatorio” nei confronti di Gervasutti, che sarebbe stato “compiuto materialmente da Santino Mercurio, in concorso con soggetti allo stato non identificati” e si sarebbe concretizzato “nell’esplosione di cinque colpi di pistola contro l’abitazione del giornalista, a Padova”. Il fatto sarebbe stato commesso al fine di agevolare “l’attività del sodalizio mafioso, accrescendone la capacità operativa, economica e la forza di intimidazione funzionale ad assicurare le condizioni di vantaggio nel controllo del territorio da parte dell’organizzazione criminale di appartenenza”. Gervasutti avrebbe voluto colpire il cronista per una serie di articoli da questi pubblicati sul Gdv, risalenti al 2010, relativi al sospetto cambio di destinazione di alcuni terreni di proprietà dell’ex senatore. A inchiodarlo, ci sarebbero eloquenti intercettazioni telefoniche e l’ammissione dello stesso Mercurio. A Filippi si contesta anche un altra azione intimidatoria: secondo gli inquirenti, l’ex parlamentare nel luglio 2019 avrebbe pagato lo stesso uomo per mandare in fiamme un furgone e parte del materiale stoccato nella sede della ditta concorrente alla sua, la Toscolapi di Castelfranco di Sotto (Pisa).
Tra le presunte vittime dell'”imprenditoria collusa” figura anche il sindacalista veronese Gianmassimo Stizzoli, che sarebbe stato minacciato e fatto picchiare e per questo avrebbe poi deciso di abbandonare l’attività di rappresentanza dei lavoratori. Stizzoli, ricostruiscono gli investigatori, sarebbe stato colpito perché “infastidiva” i vertici dell’azienda Vierrecoop. Il gestore, Alfredo Frinzi – con un passato nel Cda di Amt, l’azienda di Mobilità e Trasporti partecipata dal Comune scaligero -, figura infatti tra gli indagati.
Solo tre mesi fa, 150 anni di reclusione sono stati comminati agli imputati del processo «Isola Scaligera», che ha evidenziato la presenza e l’attività della ‘ndrangheta nel Veronese, protagonista di un sistema mafioso che per i pm dimostra un “camaleontico adattamento al territorio (il Veneto e Verona) che si accinge a colonizzare e che colonizza”. La situazione delle infiltrazioni mafiose in Veneto – spesso considerato a torto come completamente estraneo e immune al fenomeno – è sempre più grave e preoccupante. Nell’ultima relazione della Direzione investigativa antimafia si legge che in Veneto «emerge la capacità degli esponenti della ‘ndrangheta di intrattenere rapporti d’affari con gli operatori locali preferendo alle forme tradizionali di intimidazione l’avvio di interlocuzioni con professionisti, imprenditori e funzionari pubblici». Una recente ricerca condotta sul tema dall’Università di Padova ha inoltre concluso che «le aziende venete a rischio infiltrazione mafiosa oscillano tra il 5 e il 7%». Si parla, dunque, di circa 30mila imprese: dati assolutamente inimmaginabili, almeno fino a qualche anno fa.
[di Stefano Baudino]
“Gervasutti avrebbe voluto colpire il cronista….”
La vittima dell’intimidazione mafiosa era quindi collusa con i suoi aguzzini tanto da sparare alla propria abitazione ? Questo reato come si chiama ; concorso interno ad associazione mafiosa?
Lo scrittore Massimo Carlotto parecchi anni fa trattava di questa piaga nei suoi gialli.
L’INDIPENDENTE, vi è già stato fatto notare da altri che dovreste rileggere gli articoli prima di pubblicarli. Ma a voi dei vostri lettori non interessa un bel niente.