Oltre 42mila agricoltori e pescatori nigeriani, hanno fatto causa al colosso petrolifero anglo-olandese Shell, per il disastro ambientale nel delta del fiume Niger, causato dalle fuoriuscite di greggio nell’area. Lo studio legale Leigh Day, rappresentante delle comunità nigeriane di cui fanno parte gli accusatori, ha convinto la Corte Suprema di Londra a far rispondere la compagnia petrolifera dei danni ambientali della sua filiale nigeriana, l’SPDC. Secondo uno studio dell’UNEP (United Nations Environment Programme), il petrolio fuoriuscito dagli oleodotti Shell, ha contaminato non solo gli ecosistemi sulle cui risorse si basano le attività economiche delle comunità locali, ma anche le fonti di acqua potabile, le quali risultano piene di elementi cancerogeni in quantità 900 volte superiore alle linee guida dell’OMS. Un danno ambientale complessivamente comprendente un’area di 20 chilometri quadrati.
Il colosso petrolifero anglo-olandese, nonostante non abbia mai negato – o cercato di negare – le conseguenze disastrose del suo agire sull’ambiente e sulle comunità nigeriane, ha tentato di risolvere la questione offrendo alle popolazioni locali 4mila euro, 50 sacchi di riso, 50 sacchi di fagioli e qualche confezione di zucchero, pomodori e olio di arachidi. Un proposta definita “offensiva, provocatoria e misera”, la quale è stata categoricamente rifiutata dagli abitanti della zona. Questi infatti, hanno chiesto la bonifica dei corsi d’acqua e dell’area contaminata, un’equa redistribuzione dei proventi dell’estrazione del petrolio e il risarcimento per i danni subiti.