Ma questo mondo del 2023 è ancora una terra da conquistare? Come nel passato fecero Ramesse II, Alessandro Magno, Cesare, Costantino il Grande, Federico Barbarossa, Gengis Khan, Carlo Magno, Tamerlano, Carlo V d’Asburgo, Pietro il Grande di Russia, Napoleone, la Regina Vittoria, Stalin, Hitler, Mao Zedong o gli Usa coi suoi presidenti Roosevelt, Wilson, Eisenhower, Bush…
Il Novecento ha visto la formazione di organismi sovranazionali, come l’Onu, il cui significato, letto a posteriori, è quello di una ipocrisia ideologica fondata sul compito di garantire la legalità e il rispetto dei diritti sul piano internazionale senza però una visione di futuro e con pochissima efficacia sul campo.
L’attuale prevalenza di logiche nazionaliste o sovraniste mostra che lentamente ci si sposta dall’obiettivo del dominio a quello della sopravvivenza e l’Occidente si sente ormai una vetusta fortezza assediata che non riesce a dettare legge nemmeno al proprio interno. Dunque, fine dei conquistatori, serie minacce alla sopravvivenza dei colonizzatori grazie alla volontà di ribellione, ad esempio in Africa, Paesi alleati dall’unico obiettivo di farla pagare agli Usa e al dollaro.
Nessuna alternativa alla solita logica della rivalsa o, al contrario, dell’arroganza. Mettere a confronto Usa con Non-Usa non genererà niente di effettivamente nuovo, lascerà al centro la vecchia idea del confronto di forze. Con la sola apparente alternativa di un unico governo e ordine mondiale, come se si trattasse di mettere ordine nelle aspirazioni contraddittorie delle genti e delle nazioni. Senza valorizzare quel pluralismo, quella varietà di presupposti e orizzonti che arricchisce la nostra intelligenza sociale.
Qualcosa cambierà invece quando al centro non si metterà più la finanza e l’economia, ma che cosa?
Prendiamo il paragone della famiglia, anzi, meglio della persona, dell’individuo, nozione quest’ultima presente in Europa da non più di ottocento anni. Le tribù, i clan, le famiglie, i gruppi, le società, le organizzazioni, le squadre… Come si aggregherà domani l’umanità, sentirà ancora in comune un passato, qualche tradizione o costume, sentirà il bisogno di progettare qualcosa di nuovo, vorrà dare finalmente importanza alle relazioni umane, alla solidarietà, alle alleanze per superare ostacoli, difficoltà, emergenze, tragedie?
Gli anni recenti ci hanno messo alla prova ma sono emerse pretestuose tensioni oppure profondissimi silenzi obbedienti. L’unico egoismo giusto che dovrebbe permanere sarebbe quello che comporta da parte di ciascuno il massimo degli sforzi per vincere le difficoltà. Ma poi deve ricominciare la alleanza umana, non la cieca obbedienza fondata sulle paure ma l’assunzione di un comune compito speciale. E un grande bisogno e senso di verità e di giustizia.
Vincere i sentimenti negativi reciproci, smontare il meccanismo perverso del dominio e del potere che si perpetua sulla base dei conflitti internazionali e interpersonali.
Diminuire la quota dell’odio, cioè cominciare una terapia sociale che dovrà fare sentire inadeguata ogni forma di governo fondata sulle divisioni, su presupposti di inconciliabilità, su pure volontà di prevalenza.
Ma quanto c’è ancora da fare!
[di Gian Paolo Caprettini]