Lo stigma è un marchio rovente che si poneva sul volto degli schiavi che avevano osato tentare la fuga cercando una qualsiasi forma di libertà.
Per certi versi capita oggi di osservare sul volto di gran parte degli esseri umani un analogo marchio invisibile, uno stigma, una sorta di incupimento permanente del viso rivelato da ogni stato di sottomissione, se non di schiavitù a una serie di imposizioni esistenziali che sembrano non avere alternative.
Mi riferisco ai rigori della condizione matrimoniale, agli obblighi della condizione scolastica senza poter decidere il proprio destino, all’assurda
sottomissione di lavorare otto ore al giorno, alla schiavitù di mettere ogni dovere in relazione al denaro, condizioni queste a volte anche più stressanti degli obblighi militari.
L’ineluttabilità del tempo stabilito per il lavoro obbligatorio l’intera settimana, nella misura di tutta o quasi la giornata lasciando alla vita solo qualche piccolo ritaglio di tempo, quasi sempre dedicato alla sopravvivenza, mentre la vita richiederebbe invece ben altro spazio-tempo per essere vissuta…
Vorrei incontrare quei famosi trecento individui che nascosti all’ombra del Potere, decidono sulle sorti del mondo del quale sono i padroni. Forse incontrandoli anche sui loro volti, pur protetti da un potere assoluto, scorgerei lo stigma invisibile del malcontento e dell’angoscia, tipico di ogni sottomissione.
Ma dove sono e a chi sono sottomessi a loro volta questi potenti padroni del mondo che determinano in segreto il destino di tutti?
Si direbbe che sono sepolti sotto una immensa montagna di soldi, dalla quale, essendo solo immaginaria, ha origine la loro disperazione per un denaro che non esiste.
[di Silvano Agosti – regista, sceneggiatore, poeta e scrittore]
Grande Agosti, sempre più illuminato e luminoso. Al contrario di Galimberti, sempre più ottuso e marciscente.