domenica 24 Novembre 2024

In Libia dopo l’alluvione è esplosa la rabbia della popolazione

Ieri centinaia di persone sono scese in piazza a Derna, la città massacrata dall’inondazione causata dal cedimento di due dighe sotto la violenza della tempesta Daniel, gridando slogan contro l’incapacità del governo di gestire la crisi e chiedendo conto alle autorità per le responsabilità mancate. In una dichiarazione letta durante la manifestazione a nome degli “abitanti di Derna”, si chiede “una rapida indagine e un’azione legale contro i responsabili del disastro”, oltre all'”istituzione urgente di un ufficio di supporto delle Nazioni Unite a Derna” e l’avvio del “processo di ricostruzione della città e di risarcimento dei residenti colpiti”. La dichiarazione chiede anche lo scioglimento dell’attuale consiglio comunale e un’indagine sui bilanci precedenti della città.

“Aguila non ti vogliamo! Tutti i libici sono fratelli!” è uno dei cori dei manifestanti che ieri inneggiavano alle dimissioni o alla caduta del governo libico orientale e del capo del parlamento, Aguila Saleh. La rabbia ha preso il posto del dolore, le proteste quello dei riti funebri. “No est, no ovest, Libia unita” si ascolta nei video pubblicati sui social, “Abbasso il Parlamento”. Si inneggia all’unità nazionale dopo un decennio di divisione interna e caos, ma il focus principale rimane la ricerca di giustizia verso chi viene considerato corresponsabile della catastrofe. Più tardi, nella serata, alcuni manifestanti hanno dato fuoco alla casa di Abdulmenen al-Ghaithi, il sindaco di Derna durante l’inondazione destituito pochi giorni fa. Le grida “Il sangue dei martiri non è stato versato invano” fanno da sottofondo alle immagini largamente diffuse sui social media e anche dai canali di informazione libici. Secondo quanto riportato dalla televisione libica al-Masar, poche ore dopo la manifestazione il capo dell’esecutivo della Libia orientale, Osama Hamad, ha sciolto il consiglio comunale di Derna e ha ordinato un’indagine sulla questione.

Ancora si scava per estrarre i corpi dalle macerie lasciate dall’alluvione che nella notte tra il 10 e l’11 settembre ha causato più di 3.900 morti accertati, 7mila feriti e oltre 10mila dispersi, devastando una buona parte della città di Derna. Ma si calcola che possano arrivare a superare i 20mila i morti solo nella città simbolo della Cirenaica. Le onde provocate dalla rottura delle due dighe a monte di Derna hanno portato via tutto: edifici, strade, macchine, persone. Sono migliaia i corpi ancora non ritrovati o portati al largo dal fiume in piena, diventato tsunami. La tempesta Daniel si è formata intorno al 4 settembre nel Mediterraneo; ha toccato prima la Grecia, poi la Turchia e la Bulgaria. Arriva in Libia il 10 settembre, dove scoppia il disastro. Due dighe cedono sotto il peso delle piogge, creando delle onde alte quasi 20 metri che distruggono circa un quarto della città. Erano le 3.30 di notte. Tutti dormivano.

Ma il massacro non è solo colpa della tempesta, la responsabilità è anche politica. Le autorità libiche non hanno compiuto lavori di ristrutturazioni su queste infrastrutture, vecchie di oltre 50 anni, rimproverano i manifestanti. Nel 2022, l’ultimo studio che aveva previsto il disastro. “La situazione attuale impone ai responsabili di mettere in campo delle misure immediate per procedere alla manutenzione delle dighe. Questo perché, in caso di forti inondazioni, le conseguenze saranno catastrofiche per gli abitanti e per la città” dice nero su bianco la ricerca dell’università libica Omar Al-Mukhtar, pubblicata sulle pagine del Sebha Uiversity Journal of Pure & Applied Sciences. “Ci sono stati avvertimenti prima di questo. Lo Stato lo sapeva bene, sia attraverso gli esperti della Commissione pubblica per l’acqua sia attraverso le società straniere che sono venute a valutare la diga”, ha affermato l’idrologo Abdul Wanis Ashour, autore dello studio, a Reuters. “Il governo libico sapeva cosa stava succedendo nella valle del fiume Derna e la pericolosità della situazione da molto tempo”. Le autorità avevano pensato di riparare le dighe sopra Derna già nel 2007, quando una società turca si è aggiudicata un contratto per la ristrutturazione.

Nel 2011, però, Muammar Gheddafi, il sovrano di lungo corso della Libia, è stato rovesciato. Scoppia una lunga guerra civile sostenuta dalla NATO e per anni Derna è stata in mano a una successione di fazioni islamiste militanti, tra cui Al Qaeda e lo Stato Islamico. L’azienda turca Arsel riporta sul suo sito web un progetto di riparazione delle dighe di Derna iniziato nel 2007 e completato nel 2012. L’azienda non ha risposto alle chiamate di Reuters e nemmeno alle richieste di commento inviate via e-mail.

Omar al-Moghairbi, portavoce di una commissione del ministero delle Risorse idriche che sta indagando sul crollo delle dighe, ha dichiarato che l’appaltatore non è stato in grado di completare i lavori a causa della situazione di insicurezza della città e non è tornato quando richiesto. “Sono stati stanziati dei budget, ma l’appaltatore non c’era”.
Anche se i lavori di ristrutturazione fossero stati eseguiti, le dighe avrebbero ceduto, ha detto Moghairbi, perché il livello dell’acqua dopo la tempesta Daniel ha superato la capacità della struttura. Ma i danni alla città non sarebbero stati così gravi.

Nel 2021, un rapporto dell’Audit Bureau libico ha citato “l’inazione” del ministero delle Risorse idriche, affermando che non è riuscito a portare avanti i lavori di manutenzione delle due dighe principali sopra Derna. Il rapporto affermava che erano stati stanziati 2,3 milioni di euro per la manutenzione e la riabilitazione delle dighe, ma solo una parte dei fondi era stata detratta. Non è stato detto se tali fondi siano stati spesi o per cosa.

L’instabile situazione geopolitica della Libia – favorita dagli interessi occidentali e della NATO – ne è stata corresponsabile, insieme alla mala gestione e alla probabile corruzione. La divisione territoriale in due governi ha provocato forti dispute all’assegnazione dei fondi, tra cui quelli che dovrebbero riguardare le infrastrutture, su cui non ci sono investimenti da anni. Nessuno dei due governi ha infatti i soldi e la legittimazione politica per fare interventi infrastrutturali e fare piani a lungo termine. I responsabili sono vari, e l’inchiesta ancora deve arrivare al termine.

[di Monica Cillerai]

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