giovedì 21 Novembre 2024

L’alto commissariato ONU chiede la fine della guerra alla droga in tutto il mondo

L’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite (OHCHR) ha pubblicato un Rapporto in cui raccomanda innanzitutto agli Stati di “adottare alternative alla criminalizzazione, alla tolleranza zero e all’eliminazione delle droghe, prendendo in considerazione la depenalizzazione dell’uso e una regolamentazione responsabile, per eliminare i profitti del traffico illegale, della criminalità e della violenza”. Un Rapporto definito storico, in quanto denuncia il fallimento delle politiche proibizioniste attuate da oltre un secolo in quasi tutto il pianeta su spinta degli Stati Uniti. Politiche che non sono affatto riuscite a raggiungere l’obiettivo che si erano ufficialmente prefissate, quello di “liberare il mondo dalla droga”, ma hanno di fatto regalato un potere enorme a mafie e cartelli narcotrafficanti in molte parti del mondo. 134 organizzazioni non governative di tutto il mondo, a seguito del rapporto dell’OHCHR, hanno firmato una dichiarazione collettiva che esorta “la comunità internazionale ad agire in base all’innovativo appello del capo dei diritti umani delle Nazioni Unite per una riforma sistemica della politica sulla droga”.

L’approccio repressivo applicato alla cosiddetta “guerra alla droga” è fallimentare. A darne conto non sono posizioni ideologiche, ma dati concreti. Sono 296 milioni le persone che, nel 2021, hanno fatto uso di droghe, secondo il World Drug Report del 2023. In riferimento al medesimo anno, i soggetti che hanno sviluppato disturbi legati al consumo di stupefacenti sono 39,5 milioni, con un incremento del 45% negli ultimi 10 anni. Parallelamente, il progressivo smantellamento dei sistemi di welfare ha detto sì che, nonostante le persone con problemi di dipendenze abbiano diritto all’assistenza medica, tale necessità sia largamente disattesa. Sempre nel 2021, solamente una persona su 5 ha ricevuto i trattamenti necessari per far fronte alla propria dipendenza. Come conseguenza, oltre 600 mila persone ogni anno muoiono per cause legate al consumo di droga (tra queste: contagio da epatite virale o HIV, overdose e altri incidenti di varia natura).

Parallelamente, aumenta a dismisura il numero delle persone incarcerate per reati di droga: nella stragrande maggioranza dei casi, si tratta di consumatori, l’ultimo anello della catena del mercato della droga, pescati dalle forze dell’ordine con qualche grammo di troppo in tasca. Un dato che contribuisce direttamente al problema del sovraffollamento nelle carceri: solamente in Italia, il 34% dei detenuti entra in carcere per possesso di droga. Quasi il doppio della media del resto dei Paesi europei, che si attesta intorno al 18%. Di fatto, un terzo dei reclusi si trova dietro le sbarre per il solo art. 73 del Testo Unico in materia di stupefacenti e sostanze psicotrope. Senza detenuti per art. 73, in Italia non vi sarebbe sovraffollamento nelle carceri. Il Comitato per i Diritti Economici, Sociali e Culturali delle Nazioni Unite (CESCR) aveva d’altronde espresso preoccupazione per “l’approccio italiano che punisce il consumo di droghe”, a fronte dell'”insufficiente disponibilità di programmi di riduzione del danno”.

Un approccio repressivo di questo tipo, che l’Italia sposa in pieno (ma non è l’unica), spinge la “guerra alla droga” sul piano della “guerra alle persone”, come scritto dal Rapporto ONU. Il suo impatto, infatti, è “spesso maggiore su coloro che sono poveri”, oltre a sovrapporsi alla  “discriminazione nei controlli sulla droga, diretti ai gruppi vulnerabili e marginalizzati”. Una guerra contro i poveri, insomma, che fa strage di piccoli spacciatori (spesso provenienti da contesti disagiati e problematici) ma del tutto inutile a risolvere il problema alla radice. A tutto ciò, sottolinea il rapporto, va aggiunto l‘uso spropositato della forza che spesso e volentieri le forze dell’ordine mettono in campo per procedere con gli arresti, atteggiamento peraltro denunciato da numerosissime ONG ed associazioni per la tutela dei diritti umani.

Il rapporto suggerisce, dunque, di “adottare alternative alla criminalizzazione, alla “tolleranza zero” e all’eliminazione delle droghe, prendendo in considerazione la depenalizzazione dell’uso; assumere il controllo dei mercati illegali delle droghe attraverso una regolamentazione responsabile, per eliminare i profitti del traffico illegale, della criminalità e della violenza”. Un approccio evidentemente del tutto diverso da quello che il governo Meloni sta adottando in Italia, dove vengono piuttosto portate avanti proposte di legge di inasprimento delle pene anche per i casi di spaccio e detenzione di lieve entità di cannabis. «Le agenzie dell’ONU ci riportano l’evidenza di come il sistema di controllo delle sostanze stupefacenti, nato 60 anni fa e basato sul proibizionismo, sia costato miliardi di dollari e milioni di vite umane rovinate, senza riuscire in alcun modo a contenere il fenomeno» commenta Leonardo Fiorentini, segretario di Forum Droghe, che sottolinea come «questo rapporto sarà indigesto a Palazzo Chigi perché pone il dito sull’eccessiva carcerazione per droghe nel mondo».

A seguito della pubblicazione del rapporto, oltre 130 ONG hanno firmato una dichiarazione congiunta che chiede alla comunità internazionale di attuare “una riforma sistemica della politica sulle droghe”. “La trasformazione dell’approccio punitivo globale alle droghe richiede cambiamenti nelle norme e nelle istituzioni fondamentali del regime internazionale di controllo delle droghe, storicamente incentrato sulla proibizione e sulla criminalizzazione” scrivono le organizzazioni.

[di Valeria Casolaro]

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7 Commenti

    • La “fuffa” è pensare che mettendo anche la pena di morte, possa ridursi di un solo punto, il numero dei consumatori, e pensare sopratutto che la maggior parte dei consumatori abbia problemi di dipendenza, anzi è vero il contrario, ma voi microcefali non potete arrivarci purtroppo, quindi ne paghiamo il prezzo tutti.

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