C’è un solo modo per contrastare “l’usa&getta”: non gettare. O meglio, allontanare il più possibile questo momento, prolungando la vita di capi, accessori e oggetti. Mentre le riparazioni visibili si fanno strada lentamente, eliminando la vergogna a colpi di rattoppi creativi, il governo francese ha deciso di incentivare questa buona abitudine con un bonus.
Per ridurre gli sprechi causati dall’industria tessile, la Francia ha predisposto un bonus per la riparazione di capi di abbigliamento e scarpe. Questa misura ha un doppio scopo: da un lato educare a un consumo più responsabile, dall’altro tentare di ridurre lo spreco di capi. Una missione in aperto contrasto con il mondo del fast fashion, che ha reso più vantaggioso (per il cliente finale) ri-acquistare piuttosto che riparare. Il fondo di riparazione tessile (Fonds Réparation Textile) prevede uno sconto tra i 6 e i 25 euro per tutte le sistemazioni realizzate da sartorie e calzolerie aderenti all’iniziativa, a partire dal prossimo ottobre. Una mossa che, oltre a cercare di arginare l’annoso problema dei rifiuti tessili, si propone di sostenere gli artigiani del settore (che pure sono in crisi).
Come funziona
Tecnicamente il bonus consiste in uno sconto diretto in fattura, di valore variabile in base al tipo di riparazione e comunque non oltre i venticinque euro, per tutti coloro che porteranno a rammendare o aggiustare abiti o scarpe. Da suole staccate fino alla sostituzione della fodera di un cappotto, dal cambio di una zip rotta al restauro di stivali ormai in fin di vita (che comunque si possono ancora rianimare senza particolari problemi); questi importi serviranno come incentivo, spesso anche consistente, se si considera che per cambiare una suola di solito ci vogliono tra i 10 ed i 12 euro. Il progetto è finanziato con un fondo di circa 154 milioni di euro, raccolti a tale scopo dal 2020, e che estenderà il bonus per i prossimi cinque anni.
Gli artigiani che desiderano aderire all’iniziativa, devono registrarsi sull’apposita piattaforma Refashion, (organizzazione dedicata alla moda sostenibile e partner del governo francese), per verificare in seguito se in possesso dei requisiti utili a ricevere i fondi per la riparazione. Le imprese registrate, al momento del lancio dell’iniziativa, erano circa 250; adesso se ne contano quasi il doppio. Un servizio esteso a tutti i tipi di artigiani, senza discriminazioni sia per tipologia d’impresa sia di dimensioni o rapporti con altri marchi di abbigliamento. Un modo per facilitare l’accesso alle imprese e, nello stesso tempo, rendere il servizio fruibile a un’ampia parte della popolazione, dislocata su tutto il territorio.
Per diffondere questa iniziativa, un’altra parte del Fondo sarà dedicata a campagne di sensibilizzazione e promozione di questa possibilità, oltre che a formare operatori del settore.
Il problema e le altre soluzioni
Quello dei rifiuti tessili è un problema di dimensioni globali, tanto che le Nazioni Unite l’hanno identificato in più occasioni come “un’emergenza ambientale e sociale”, trattandosi di attività economica con un impatto ambientale altissimo (consumo del suolo, emissioni di gas serra, dispersione di microplastiche, acque reflue piene di sostanze chimiche smaltite senza i dovuti controlli del caso…) e caratterizzata da sfruttamento del lavoro. Senza misure concrete, che vadano a diminuire drasticamente la sovrapproduzione, il problema dei rifiuti peggiorerà in maniera costante. Si stima un aumento globale dei rifiuti, che potrebbero raggiungere i 3,4 miliardi di tonnellate entro il 2050 (nel 2016 erano già 2,01 miliardi). A essere buttate via, nel solo territorio francese, sono circa 700mila tonnellate di abiti, la maggior parte delle quali finisce in discarica e solo una minima percentuale è riutilizzata. Per questo la Francia, che sembra avere a cuore questo problema più di altri, si sta muovendo già da qualche tempo in una direzione più circolare e sostenibile attraverso la così detta legge anti spreco del 2020. Con questa legge, nel corso degli anni, sono state introdotte misure per ridurre l’uso della plastica, soprattutto mono-uso, grazie anche all’installazione di fontanelle negli spazi pubblici; per promuovere la riparazione (non solo di abiti, ma anche di giocattoli ed elettrodomestici) e spronare le aziende ad adottare l’eco-score, una certificazione volontaria che indica l’impatto ambientale dei prodotti e quanto sono facili da aggiustare, da esporre sui prodotti. Il bonus per la riparazione tessile è un’altra di queste iniziative anti-spreco che si promette di far aumentare il volume delle riparazioni, allungando la vita a capi e accessori, del 35% entro il 2028.
Incentivare per riparare, invece che per disfarsi di cose vecchie, è una mossa che potrebbe ispirare altri paesi a fare lo stesso.
[di Marina Savarese]