Con un emendamento, il Governo ha rimosso l’obbligo di richiedere un’autorizzazione paesaggistica della sovrintendenza in caso di tagli boschivi. Così, gli esemplari arborei di centinaia di boschi italiani, anche se situati in aree definite come di “notevole interesse pubblico”, potranno essere abbattuti con molta più facilità. L’obiettivo dell’emendamento, a firma del senatore De Carlo, sarebbe proprio quello di “rilanciare l’industria del legno”. Una semplificazione del carico burocratico, non a caso, festeggiata da diverse sigle associative legate all’industria forestale. Secondo l’opposizione si tratta dell’ennesimo attacco alla biodiversità della Penisola, nonché alla Costituzione che da non molto include anche il dovere di subordinare la protezione degli ecosistemi alle attività economiche. Pronta la replica del senatore di Fratelli d’Italia, il quale ha garantito che «le tutele restano», mentre si accelerano solo i tempi degli interventi «che sono spesso fondamentali per la cura degli ecosistemi boschivi».
L’emendamento, approvato il 27 settembre, ha in particolare modificato l’articolo 149 del Codice dei Beni culturali, ampliando le aree dove gli interventi di taglio non sono soggetti ad autorizzazione paesaggistica della Sovrintendenza. Il Codice dei Beni Culturali è un insieme di norme, in parte derivanti dalla cosiddetta Legge Galasso, che considera i boschi come parte integrante del paesaggio. Ma ora potrebbe non essere più così. «Ogni modifica degli edifici deve passare l’esame del sovrintendente – ha sottolineato il Gruppo Unitario per le foreste italiane – che però non potrà più pronunciarsi sul taglio dei boschi. Da oggi gli unici soggetti politici in grado di decidere sul destino delle foreste italiane saranno le regioni». L’associazione scientifica a tutela del patrimonio forestale italiano non ha dubbi: si vogliono tagliare più alberi in Italia per evitare l’importazione di pellet e biomassa legnosa da altri Paesi, ma il problema – spiegano – è che nel nostro Paese se ne brucia troppa. Circa l’85% del legname estratto in Italia è infatti destinato alla combustione, principalmente come legna da ardere. Non dovrebbe quindi sorprendere che l’associazione dell’Energia da Biomasse Legnose si è in passato messa di traverso al vincolo paesaggistico ora rimosso, come nel caso di tagli boschivi bloccati dalla sovrintendenza sul Monte Amiata.
A favore della norma vi sono però anche l’Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani, il Consiglio dell’Ordine nazionale dei dottori agronomi e dei dottori forestali e la Società italiana di selvicoltura ed ecologia forestale. Secondo questi, la possibilità di tagliare un bosco con più semplicità è in realtà un bene dal momento in cui numerose imprese chiedevano da tempo semplificazioni efficaci per superare il problema del ‘doppio vincolo’ paesaggistico che, negli ultimi anni, avrebbe creato numerosi aggravi burocratici alla gestione forestale. «La tutela del bosco, tutte le sue funzioni, si sviluppa tramite i piani forestali e i piani di interesse territoriale. Gli inutili appesantimenti burocratici – ha spiegato il Consiglio dei dottori in una nota – non servono alla conservazione del bosco con solide basi scientifiche: è giusto valorizzare il ruolo e la funzione dei professionisti. I boschi italiani attualmente ricoprono una superficie di oltre 11 milioni di ettari: un terzo della superficie italiana è ricoperta da foreste, dato in continua espansione dal secondo dopoguerra, come professionisti forestali siamo i primi a desiderare la tutela del bosco e a rispettare i vincoli paesaggistici».
[di Simone Valeri]
Qualcuno controlla mai se il proponente di queste leggine “ad lobbym” sia legato direttamente ai beneficiari?
Ora, posto che in Italia è veramente difficile fare qualunque cosa per via della trafila burocratica, potrebbe anche sembrare una semplificazione, un alleggerimento. A guardar bene non sembra però, perchè a spingerlo sono gli interessi economici di singoli privati e associazioni. Lo Stato dovrebbe invece tutelare il bene comune, in questo caso le foreste, i boschi. Ma poi, perchè non efficientare e incentivare la raccolta del legname morto? Mi risulta, anzi l’ho visto anno scorso con i miei occhi, che, a seguito della tempesta Vaia, nei boschi dell’Alto Adige vi sia ancora un notevole patrimonio di alberi caduti e che non vengono raccolti perchè magari in zone difficili da raggiungere. Un peccato, magari con qualche lavoro e accorgimento invece si potrebbe. Anche a seguito dell’alluvione in Romagna numerosi alberi caduti lungo il corso dei fiumi vengono recuperati solo in minima parte: giusto lasciarli anche ai privati per autoconsumo però tutto questo va incentivato, anche per tenere puliti i corsi dei fiumi da alberi morti che in caso di alluvione creerebbero nuovamente problemi.
Questi mentecatti per transizione verde, intendono che ci passano proprio sopra alle aree verdi. Buffoni!