domenica 24 Novembre 2024

In Birmania i ribelli hanno conquistato gran parte del Paese

In Birmania, i combattimenti tra la giunta militare salita al potere con un golpe nel 2021 e le forze ribelli, si stanno intensificando di giorno in giorno e queste ultime stanno riuscendo a conquistare diverse regioni del Paese. In particolare, una serie di operazioni militari condotte dalle forze di resistenza al regime, iniziate il 27 ottobre, potrebbero portare alla caduta dell’attuale governo e persino alla disgregazione dello Stato stesso. Lo stesso presidente Myint Swe, infatti, ha dichiarato che la Birmania potrebbe essere «divisa in varie parti».

Da quando nel 2021 un colpo di Stato guidato dal generale Min Aung Hlaing (già a capo di Tatmadaw, l’esercito birmano) ha rovesciato il governo semicivile di Aung San Suu Kyi, arrestata col presidente Win Myint e altri esponenti della Lega nazionale per la democrazia (Nld), nel Paese si sono formate numerose organizzazioni regionali e locali per la resistenza armata al regime militare. Tra le varie Organizzazioni Armate Etniche (EAO), le più attive sono le Forze di difesa popolari (PDF), la Karenni Nationalities Defense Force (KNDF) e l’Alleanza delle Tre Fratellanze, comprendente tre gruppi etnici: l’Esercito dell’Alleanza Democratica Nazionale del Myanmar (MNDAA), l’Esercito di Liberazione Nazionale Ta’ang (TNLA) e l’Esercito dell’Arakan (AA). L’insurrezione nazionale, iniziata il 27 di ottobre scorso, ha prodotto una serie di operazioni militari che hanno generato una vasta e rapida offensiva, intensificata nelle ultime due settimane, che ora arriva a minacciare di avanzare fin verso la capitale, Naypyidaw.

Secondo The Irrawaddy, nel giro di tre settimane dall’inizio delle operazioni, almeno 447 membri della giunta hanno deposto le armi e si sono arresi in varie parti del Paese: Shan, Kayah, Chin, Rakhine, Mon e nelle regioni di Sagaing e Magwe. Il rapporto afferma che il numero potrebbe essere più alto di quello ufficiale, considerando il crescente numero di posizioni abbandonate della giunta e da tutti coloro che hanno disertato rifugiandosi in altri Paesi confinanti. La gran parte dei territori a nord, a est e a ovest del Paese sono ormai sotto il controllo dei ribelli, o si apprestano a divenirlo. L’offensiva dei vari gruppi armati ribelli converge sempre di più verso sud e verso la capitale.

L’Esercito di Liberazione Nazionale di Ta’ang, sul finire della scorsa settimana, ha riferito di aver ucciso circa 100 membri del personale della giunta e che 300 si sono arresi dall’inizio dell’offensiva. Il battaglione di fanteria leggera 129, che comprendeva 127 soldati e 134 parenti guidati dal maggiore Kyaw Ye Aung, si è arreso il 12 novembre a Laukkaing Township, nel nord dello Stato Shan. L’Alleanza della Fratellanza ha offerto 1 milione di kyat (circa 476 dollari) ad ogni disertore, esortando tutto il personale della giunta ad arrendersi e impegnandosi a garantire la loro sicurezza e dignità, oppure ad unirsi alla rivoluzione. Già il 30 ottobre, la 41ª Brigata di fanteria leggera 143 si era arresa all’Esercito dell’Alleanza Democratica Nazionale della Birmania (MNDAA), parte dell’Alleanza, accettando di abbandonare la loro base vicino al villaggio di Kan Mong nel distretto di Kunlong. Il MNDAA ha detto di aver fornito le spese di viaggio ai soldati e di aver permesso loro di tornare dalle loro famiglie. Nello stato di Kayah, 38 soldati della giunta si sono arresi questa settimana, dopo la morte di almeno 110 soldati di stanza all’Università di Loikaw, nella capitale dello Stato. La Karenni Nationalities Defense Force ha detto che i membri delle truppe sono stati trattati come prigionieri di guerra in base alle Convenzioni di Ginevra e hanno ricevuto cure mediche. La scorsa settimana, nello Stato di Chin, almeno sette soldati della giunta, tra cui un maggiore della base di Reh, si sono arresi quando le forze della resistenza hanno preso il controllo della città di confine di Reh Khaw Da, nel comune di Falam.

Sebbene la Cina mantenga buoni legami con l’esercito birmano, che ha appena consegnato 31.000 sospetti di frode nelle telecomunicazioni a Pechino, quest’ultima sembra sostenere alcun gruppo ribelle, in particolare nelle aree di confine. “L’Esercito dello Stato di Wa Unito (UWSA), una potente organizzazione etnica armata che controlla una regione autonoma nel nord-est dello Stato Shan della Birmania, riceve un sostanziale sostegno materiale e politico dalla Cina”, ha riferito Firstpost. Secondo quanto riferito, l’UWSA è un importante fornitore di armi per le forze etniche e i suoi leader comandano circa 25.000 soldati armati con armi di origine cinese, tra cui sistemi di difesa aerea portatili FN-6-Man-Held, veicoli corazzati e varie armi leggere. D’altronde, la Cina ha anche buoni rapporti con il partito della Lega Nazionale per la Democrazia di Suu Kyi e il tentativo del Paese di giocare su tutti i fronti riflette la particolare importanza attribuita alla Birmania, che funge da ponte per la Cina per l’accesso all’Oceano Indiano. Pechino ha anche effettuato qui grandi investimenti in progetti energetici,  come gli oleodotti che vanno al Golfo del Bengala, o nelle infrastrutture, come il progetto di una linea ferroviaria attraverso Mandalay, funzionale alla Belt and Road Initiative (BRI). Nel frattempo i civili scappano verso i Paesi confinanti e in India si inizia a temere il ripetersi degli eventi del 2021, con il colpo di stato ai danni di San Suu Kyi.

La situazione in Birmania è insomma rovente e in continuo aggiornamento. Le forze ribelli stanno convergendo verso sud e hanno accerchiato la regione della capitale: il generale Min Aung Hlaing potrebbe avere i giorni contati.

[di Michele Manfrin]

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